In primo piano

Déjà Vu: 50 anni fa nasceva il capolavoro di Crosby, Stills, Nash & Young

Per parlare di Déjà Vu bisogna partire da un anno prima, quando Crosby, Stills & Nash stanno per pubblicare il loro primo lavoro assieme.

A quel tempo Stephen Stills e David Crosby, già vere glorie del rock americano, non venivano da un periodo troppo sereno; il primo aveva sciolto i Buffalo Springfield ed era deluso per non essere riuscito a entrare – seppure solo come bassista – nei favolosi Experience di Jimi Hendrix, mentre il baffuto David era appena fuoriuscito dai Byrds, senza aver bene le idee chiare su come sfruttare la sua rinomata vena psichedelica.

Quando i due registrarono alcune demo a Laurel Canyon, vera Mecca dei fricchettoni dell’epoca, esse capitarono a tiro d’orecchio di Graham Nash, leader britannico dei gloriosi Hollies, anche lui alla ricerca di nuovi stimoli. Con l’intercessione della comune amica Joni Mitchell nascevano i CS&N, vero miracolo di armonie vocali in equilibrio su tappeti ora folk, ora di furente rock psichedelico.

Il primo lavoro, un capolavoro contenente classici come Suite: Judy Blue Eyes, Long Time Gone e Marrakesh Express, sarebbe uscito il 29 maggio del 1968, eppure un problema si profilava all’orizzonte: Stills, che era noto come Capitano Moltemani per la sua proverbiale abilità di polistrumentista, aveva prodotto arrangiamenti talmente complessi da essere irriproducibili dal vivo. Occorreva qualcuno altrettanto capace per dare manforte, almeno sul palco. Ahmet Ertegun, deus ex machina della situazione e boss della Atlantic, durante una cena prima dell’uscita del disco, estrasse dal cilindro un coniglio che fece imbestialire Stills: il nome di Neil Young.

Stills e Young avevano già fatto coppia nei Buffalo Springfield, un amalgama di stili che esplodeva nell’incrocio delle loro chitarre, ma due caratteri talmente in contrasto da portare alla fine della band; Stephen temeva che l’ingresso di Young avrebbe prodotto gli stessi effetti e, in un certo senso, non aveva torto.

Stills e Dallas Taylor, il batterista, provarono allora – piuttosto improvvidamente – a proporre la patata bollente a George Harrison, che fece finta di niente, a Steve Winwood, che rifiutò e a Al Kooper, che però era preso dal suo debutto solista. John Sebastian era un amico e pareva una buona carta, tuttavia non era un vero strumentista.

Young rimase allora l’ultima possibilità, oltre a essere quella più ghiotta. Neil, che aveva appena pubblicato Everybody Knows This Is Nowhere, accettò a patto che la “Y” fosse aggiunta alla ragione sociale. Dopo un assaggio a Chicago, il vero battesimo di fuoco del quartetto arriva nel mitico calderone di Woodstock, dove Young si aggiunge solo nella parte elettrica del set. Nonostante le parole del chitarrista canadese – “Il concerto è stato una vera merda– l’esibizione ha un successo incredibile e fa da prologo a una serie di date trionfali, compresa quella di Altamont, nel tragico concerto funestato da gravi incidenti durante il set dei Rolling Stones.

Quando i quattro iniziano a pensare a un nuovo disco a nome CSN&Y, il periodo è ancora meno sereno. La droga gira a pacchi e l’alcol a fiumi, l’unica “pulita” è Christine Hinton, l’adorata ragazza di David Crosby; è proprio lei a morire in un incidente stradale mentre porta i gatti dal veterinario. L’ex Byrds è distrutto; si narra che durante le registrazioni spesso iniziasse a piangere a dirotto e il tunnel consolatorio della droga lo risucchia rendendo la situazione ancora più pesante. Gli stessi Stills e Young, oltre a litigare continuamente, sono presi dalla fine delle loro rispettive storie; Nash è forse il più equilibrato.

Incredibile che in un tale guazzabuglio artistico e umano venga fuori Déjà Vu, un capolavoro non inferiore al disco d’esordio senza Young.

E anche il disco non può definirsi a tutto tondo un lavoro dei quattro, dato che Neil Young – preso parimenti dai suoi progetti coi Crazy Horse – partecipò solo a quattro pezzi; partecipazione che fu comunque sufficiente a minare le basi della band, con Stills che vide piano piano scippata la leadership tecnica.

Il disco si apre con Carry On, ballata bluesy con intermezzo psichedelico che nelle intenzioni di Stephen Stills doveva avere l’impatto di Judy Blue Eyes, riuscendovi solo in parte; Teach Your Children è una ballata scritta da Graham Nash che assurgerà a vero standard. Gran parte del merito, però, va all’intuizione di Stills di arrangiarla come un pezzo country, con l’aiuto della steel guitar di Jerry Garcia. Almost Cut My Hair è un furente assalto antimilitarista di David Crosby, registrato in presa diretta; il risultato molto grezzo è vicino all’idea originale di David, ma gli costò la lite con Stills che – come sempre – avrebbe voluto meglio rifinire i suoni; si va avanti con la bella Helpless, primo grande contributo di Neil Young e con la splendida Woodstock. Il pezzo, originariamente scritto da Joni Mitchell, affranta per la mancata partecipazione alla mitica tre giorni, è reso in una versione elettrica esplosiva, una vera cavalcata chitarristica.

Déjà Vu è forse il momento più particolare del disco, una sghemba ballata di David Crosby, ispirata a una sensazione provata la prima volta che mise piede su un’imbarcazione, con una bella parte di armonica di John Sebastian. Our House è un altro momento beatlesiano di Graham Nash, un delicato bozzetto pop folk da incorniciare, come la successiva e intima 4+20, folk ballad di Stills. Chiudono la minisuite Country Girl, ancora dovuta al genio di Young e Everybody I Love You, scritta a quattro mani da Stills e l’amico-nemico Young, bella ma forse schiacciata dagli altri capolavori del disco.

Déjà Vu è essenzialmente l’incredibile testimonianza di quattro favolosi talenti, ma anche un lavoro frutto di quattro ingegni separati; infatti tanto erano ben impastate le splendide armonie vocali e gli intrecci di chitarra, quanto individualiste le pulsioni che portarono alla composizione dei dieci brani. Ed è anche il lampante esempio di come un capolavoro possa nascere dai dissapori e da quattro vite tutt’altro che felici, in quel particolare momento.

Eppure il prezzo da pagare per questo grande capolavoro sarà il subitaneo scioglimento della magica band all’indomani del disco, per poi assistere a varie trasformazioni e reunion nel corso degli anni.

Déjà Vu rimane comunque lì, a distanza di cinquant’anni, vero totem del talento di quattro tra i più grandi protagonisti dell’irripetibile periodo d’oro del rock.

— Onda Musicale

Tags: CSN&Y, David Crosby, Stephen Stills, Graham Nash
Sponsorizzato
Leggi anche
“Sounds that nobody else has done yet”: i Beatles, Revolver e la rivoluzione musicale del 1966 [Parte Prima]
Ville storiche e magioni maledette: la passione di Jimmy Page