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Atomic Rooster, il primo album della band di Vincent Crane

Gli Atomic Rooster nel 1970

Se Brian Jones non fosse morto il 3 luglio del 1969, la storia di alcune band avrebbe potuto cambiare profondamente; per l’esattezza, quella di Emerson, Lake & Palmer e quella degli Atomic Rooster di Vincent Crane.

Andiamo con ordine.
Siamo nel 1969 e l’estroso – a dir poco – cantante Arthur Brown è in tour col suo gruppo, il Crazy World of Arthur Brown. Nella sua band ci sono dei veri fuoriclasse, Carl Palmer alla batteria e Vincent Crane alle tastiere. Palmer sarà presto il terzo nome dopo Emerson e Lake in uno dei primi supergruppi del rock.

Vincent Crane, invece, rivaleggia con Arthur Brown anche per i bizzarri comportamenti, oltre che per il talento. Crane è infatti affetto da disturbo bipolare già da giovanissimo; la sua malattia lo porterà a soggiornare nella famigerata clinica di Banstead e – anni dopo – al suicidio.

Nel bel mezzo del tour americano gli squilibri mentali di Brown e Crane portano alla diaspora. L’istrionico Arthur si invaghisce della vita da hippie, Crane vuole riparare in patria per fondare una nuova band con Palmer; risultato: The Crazy World of Arthur Brown si scioglie all’apice di un effimero successo.

Quando Crane e Palmer partono per la Gran Bretagna è venerdì 13 giugno del 1969. La data, che per gli anglosassoni gode di fama infausta, influenzerà da subito il nuovo complesso. Il 1969, per l’oroscopo cinese, è l’anno del gallo: da qui il moniker di Atomic Rooster; Friday the 13th sarà invece il titolo del primo brano dell’album d’esordio.

Crane e Palmer organizzano un appuntamento con Brian Jones, il diamante impazzito dei Rolling Stones, appena estromesso dalla band che aveva creato. Con Jones i due discutono di una collaborazione per il nuovo progetto; purtroppo, il 3 luglio Brian affoga nella piscina della sua villa. La collaborazione tra i geniali quanto folli Jones e Crane prometteva scintille.

A quel punto gli Atomic Rooster trovano in Nick Graham l’ideale completamento della formazione. Nick canta con una voce molto grintosa e compone; soprattutto, però, è un valente polistrumentista: suona flauto, tastiere, basso e chitarra. Negli Atomic Rooster Graham si accolla le parti vocali e il basso; all’occorrenza, però, si fa valere anche con la chitarra elettrica.

Con la formazione a tre – basso, tastiere e batteria – tipica del prog, gli Atomic Rooster entrano in studio di registrazione per il loro primo lavoro. L’album, dal titolo eponimo, viene ritenuto da parte della critica il loro esito migliore; i restanti gli preferiscono il seguente Death Walks Behind You. Noi, che non riteniamo la musica una competizione, li consigliamo entrambi: due facce diverse e due formazioni che danno corpo ai deliri di Vincent Crane.

L’album viene registrato tra la fine del 1969 e il gennaio del 1970; la formazione avrà vita brevissima: di lì a poco Carl Palmer abbandona per unirsi a Emerson e Lake, mentre Graham si aggrega con meno successo agli Skin Alley. Il sound è, a suo modo, rivoluzionario; i brani hanno una struttura quasi jazz, aperta agli interventi dei musicisti, l’approccio è hard e l’ispirazione genuinamente prog.

I testi e le atmosfere generali sono quanto di più gotico e sinistro si sia mai sentito, Black Sabbath a parte; l’organo di Crane è sempre in evidenza, per alcuni fin troppo. Vincent, magrissimo e con capelli corvini lunghissimi e trattenuti da una fascia, dal vivo è uno spettacolo nello spettacolo; appollaiato dietro l’organo, si agita mulinando la testa come un ossesso e senza sbagliare una nota.

Il debutto degli Atomic Rooster, inoltre, segna uno dei primi casi, se non il primo, di band guidata dall’organo. L’apertura è subito per Friday the 13th, brano manifesto che rievoca la data così cara al complesso.

Fina dalle prime note si viene trascinati in un sabba di riff e note dal forte impatto hard rock; il testo pare quasi narrare una claustrofobica storia horror. Il verso I’ll Be Watching You, Every Move You Make ricorda la celebre Every Breathe you Take che darà la fama ai Police anni dopo.

Il canto di Graham, impegnato qui anche con la chitarra, è particolarmente energico e sgraziato. La voce non è certo il principale punto di forza di questo debutto, tuttavia ci sentiamo di spezzare una lancia in favore di Nick; la sua prestazione, lungi dall’entrare nel gotha dei cantanti prog, è però adatta all’atmosfera quasi da sabba.

Dopo un minuto e mezzo è Crane a prendersi la ribalta col primo dei tanti assoli d’organo; meno tecnico di Emerson ma altrettanto istrionico, sfoggia una tecnica che evoca più il jazz di Jimmy Smith o oscure pulsioni blues che non i classicismi tipici del prog.

Si prosegue con And So To Bed; il brano è ancora una cavalcata jazzata in cui Crane domina, prima col piano e poi con un lungo break d’organo. Il drumming preciso e puntuale di Carl Palmer è qui prodromico di quello che di lì a poco sarà un marchio di fabbrica del prog con gli ELP. Il ritornello ricorda molto un pezzo di oltre trent’anni dopo dei Kula Shaker, S.O.S.

Il pezzo seguente è Broken Wings, tratto dal repertorio di John Mayall, da The Blues Alone. Il brano è emblematico del sound degli Atomic Rooster; sulla base di un robusto slow blues, si innesta il trattamento tra jazz e progressive di Vincent Crane e soci. Complici anche i fiati, il risultato trasfigura una splendida ballata blues – molto classica – in un pezzo che anticipa in parte band come i Quatermass.

La voce di Nick Graham è stata bistrattata negli anni, eppure in questa traccia il polistrumentista canta con grande feeling e intensità, oltre che lavorare da par suo al basso. In grande evidenza è però sempre l’organo del bandleader, in evidente stato di grazia.

Per Before Tomorrow Graham riprende in mano la chitarra elettrica e i ritmi si fanno di nuovo sostenuti, quasi ossessionanti. Il brano, uno strumentale, offre atmosfere gotiche e anticipa il sound degli Emerson, Lake & Palmer. Graham non è certo un fuoriclasse della sei corde, eppure il suo modo di suonare grezzo ha qualcosa di emotivamente importante, quasi straziante. Il brano, nonostante il gran lavoro di Crane, è sostanzialmente una cavalcata chitarristica oscura e lancinante, che fa capire dove il suono degli Atomic Rooster si evolverà.

La seconda facciata si apre con una lenta ballata, Banstead.
L’interpretazione vocale di Graham, divisa tra il carezzevole e il disperato a seconda delle strofe, è da incorniciare. La melodia, per una volta, è cristallina e l’organo di Crane sottolinea con sentimento liriche particolarmente pesanti per lui. Se l’atmosfera ricorda quasi i Procol Harum, la batteria di Palmer pare l’emblema degli anni Settanta appena all’alba: potente e precisa.

Il testo rievoca con grande potenza e suggestione i mesi trascorsi da Crane nel 1968 a Banstead, un clinica psichiatrica inglese tristemente famosa.

Please, take me out of this place,
Yeah, I know I’m never gonna learn.
Please, take me out of this place,
What I do with my life is my own concern.

Please, take me out of this place,
For I’ll swear you’ll never see me here again.
Please take me out of this place,
Though I know this life is driving me insane

Nessuno, fino a quel momento, ha cantato con tale crudezza la malattia mentale; e nessuno lo farà fino ai tempi di Dark Side dei Pink Floyd. Un grido di dolore e d’aiuto che rimarrà parzialmente inascoltato, fino alla tragica fine di Vincent Crane.

S.L.Y. è ancora divisa tra blues e prog, con la solita prova grintosa di Graham, qui anche alla chitarra. Cinque minuti di un vero sabba, tra l’organo ossessivo di Crane e la chitarra lancinante di Nick Graham.

Winter è forse il momento più particolare dell’album, una ballata sospesa tra folk e prog; Graham si sofferma sul lato più dolce della sua personalità, dalla voce carezzevole alle parti di flauto. Vincent Crane offre un saggio delle sue qualità al pianoforte, mentre il ritmo accelera sotto l’impulso ritmico di Palmer e il flauto di Graham delinea un quadro degno di Genesis e Jethro Tull. Un brano che è forse il vero gioiello nascosto del debutto degli Atomic Rooster.

Il disco si chiude con Decline and Fall.
Siamo davanti a un brano quasi completamente strumentale, ennesima scusa per l’istrionismo di Crane, che qui offre una prova al limite di jazz e funk. Come sarà poi usanza, ma non ancora all’epoca, c’è un lungo assolo di batteria di Carl Palmer, che rimane comunque in grande evidenza per tutta la durata del pezzo. Il ritmo aumenta fino quasi al parossismo, prima che una brevissima parte vocale lo conduca in porto.

Finisce così, il primo disco degli Atomic Rooster, un vero concentrato di energia e idee non sempre centrate ma rivoluzionarie. Il suono perfetto ma un po’ freddo di King Crimson è sicuramente lontano, ma la formazione a trio degli Atomic Rooster inaugura un certo genere di hard prog. Non solo, di lì a pochissimo Palmer abbandonerà il bizzoso Crane, unendosi a Keith Emerson e Greg Lake. Coi due fuoriclasse darà vita agli Emerson, Lake & Palmer, dallo schieramento a trio identico e che porterà il discorso avanti sul versante glam e a tratti kitsch del prog. Graham abbandona a sua volta, per cercare fortuna – senza trovarla – negli Skin Alley.

Vincent Crane non si perde d’animo: rifonda la sua creatura con la chitarra e la voce di John Du Cann e la batteria di Paul Hammond. Le parti di basso sono a quel punto di pertinenza del suo organo. Quello che ne esce è forse il capolavoro dell’hard progressivo, Death Walks Behind You. Un capolavoro che finisce per essere manifesto e testamento di un grande artista perseguitato da tanti, troppi demoni.

— Onda Musicale

Tags: Pink Floyd, Emerson, Graham Nash, Procol Harum
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