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Nella terra del grigio e del rosa con i Caravan

Il rock progressivo fu il genere per eccellenza della prima metà degli anni settanta; sebbene se ne faccia risalire l’origine a “Days Of Future Passed” dei Moody Blues, pressoché unanime è l’opinione che “In the court of the Crimson King” – primo lavoro dei King Crimson – sia da considerare come il disco che ha definito il genere.

Spesso il prog è associato a un’epoca barocca del rock, tanto complessa e presuntuosa da avere in un certo senso gettato i semi per la rivoluzione reazionaria – passateci l’ossimoro – del punk. Ed effettivamente se i bizzarri costumi di scena, l’eccesivo intellettualismo e i virtuosismi musicali spesso fini a sé stessi non incontrano il vostro gusto, potreste pensare che il genere non sia il più adatto ai vostri gusti. Probabilmente, chi pensi questo, ha scarsa dimestichezza con la scena di Canterbury, uno dei filoni più importanti del prog.

Il suono canterburiano – che prende il nome dalla celebre cittadina non distante da Londra – per anni ha incarnato il perfetto connubio tra virtuosismo strumentale e accessibilità al grande pubblico, combinando il jazz col folk e il pop, la melodia con arditi passaggi strumentali e un certo approccio ironico e surreale al genere, contrapposto a quello spesso eccessivamente serioso e accademico di tanti celebri complessi progressivi.

La pietra angolare del rock di Canterbury risale ai Wilde Flowers, band attiva fin dai primi anni ’60, dalla cui scissione nacquero i due gruppi più famosi della scena: i Caravan e i Soft Machine. Oggi vi parliamo dei Caravan e del loro indiscusso capolavoro, “In the land of grey and pink”.

La storia dei Caravan inizia nel 1968, quando quattro musicisti che avevano alternativamente fatto parte dei seminali Wilde Flowers, decidono di dar vita a un nuovo progetto; si tratta dei cugini Richard e David Sinclair, del chitarrista Pye Hastings e del batterista Richard Coughlan; in alcuni frangenti sarà importantissimo il contributo ai fiati – sax e flauto – di Jimmy Hastings, quinto elemento dei Caravan a tutti gli effetti.

Il primo eponimo lavoro risente ancora del periodo, il 1968, e presenta passaggi molto interessanti, sospesi tra pop, folk e psichedelia, alternati a una certa ingenuità di fondo. Nel ’69, la partecipazione al celebre festival di Amougies, in Belgio, in cui suonano con Frank Zappa, segna un deciso passo avanti nel sound dei Caravan, che l’anno dopo danno alle stampe il primo dei loro capolavori: “If I Could Do It All Over Again, I’d Do It All Over You”, disco già denso del suono che farà la fortuna del progetto.

Ma è nel 1971 che i Caravan incidono il loro lavoro più importante, “In The Land Of Grey And Pink”, titolo che allude ai colori del tramonto della campagna inglese. Già dalla copertina con l’iconico dipinto di Anne Marie Anderson – giovane studentessa d’arte che morirà giovanissima – i tratti del lavoro vengono anticipati. L’illustrazione, vero cult del periodo, raffigura un villaggio fantasy, forse ispirato all’universo di Tolkien, tutto virato al grigio e al rosa come da titolo.

L’album si apre – caso più unico che raro per un disco rock – con il suono di un trombone che introduce la bellissima “Golf Girl, un bozzetto miracolosamente sospeso tra pop e folk, con la voce carezzevole di Richard Sinclair a unire le misurate evoluzioni strumentali di Pye Hastings alla chitarra, dell’altro Sinclair sempre in evidenza con le sue tastiere e il flauto di Jimmy Hastings, strumento immancabile nel rock dell’epoca.

Winter Wine” si mantiene negli stessi paraggi, un folk dal testo fantasy – con tanto di draghi e maghi – ma portando più avanti il discorso in senso strettamente progressivo. Sono ancora le tastiere di Sinclair, in particolare con un lungo assolo di fuzz organ, a tracciare le coordinate del brano.

Love to Love You (And Tonight Pigs Will Fly)” è ancora più sbilanciato dalle parti della semplice ballata pop, pur sfoggiando eleganti arrangiamenti e passaggi strumentali degni di nota, ma finisce quasi schiacciata tra i due pezzi d’apertura e la sontuosa title track che segue, chiudendo la prima parte del disco in vinile.

In The Land Of Grey And Pink” è una ballata dall’andamento classico, nella sua semplicità, incorniciata da un testo surreale e perfettamente in tema con lo stile gioioso e ironico della band. A un certo punto, inaspettato, un assolo scintillante di pianoforte sembra squarciare il grigio del titolo e il canto delicato di Sinclair: un vero e proprio capolavoro nel capolavoro.

La seconda facciata del disco è forse quella storicamente e strumentalmente più importante, proponendo una lunga suite intitolata “Nine Feet Underground”, divisa in ben otto movimenti. Il titolo prende spunto dal periodo in cui David Sinclair si era trovato a vivere in uno scantinato, luogo dove aveva composto le tre canzoni che sono alla base della lunga suite.

La composizione va avanti per quasi 23 minuti senza veri cali di tensione e, nonostante l’origine frammentaria – le tre canzoni originali – fila talmente liscia da far perdonare qualche verbosità inevitabile. C’è tutto il sound di Canterbury e dei Caravan, tra i solchi di questa lunga cavalcata, i saliscendi musicali e l’incredibile pertinenza strumentale di quattro musicisti (cinque con l’Hastings aggiunto) in evidente stato di grazia. Passaggi più morbidi e sognanti si alternano con l’irruzione di potenti riff, mentre le parti cantate sono, come per gli altri brani, di una bellezza inattaccabile.

Si conclude così il disco capolavoro dei Caravan, e purtroppo si conclude anche il loro periodo migliore; una serie di cambi di formazione e un evidente calo nell’ispirazione faranno sì che i lavori del gruppo vadano progressivamente scemando per qualità, nonostante il successo si mantenga buono ancora per qualche anno.

Dopo un primo scioglimento alla fine degli anni ’70, i Caravan si riformeranno e – tra alti e bassi – andranno avanti fino ai giorni nostri, tuttavia più sull’onda della nostalgia per un periodo irripetibile che su quella nobile dell’ispirazione.

— Onda Musicale

Tags: Frank Zappa, Moody Blues, Caravan, Soft Machine, Kink Crimson
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