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Instrument Distruction. Perchè?

Sinceramente quella “moda” (se così si può chiamare) che venne battezzata in U.S.A. con due parole, Istrument Distruction, e che fu in grado di influenzare intere generazioni del mondo delle rockstar internazionali di ogni tempo, io non l’ho mai compresa.

Alludo a quella singolare consuetudine di sfasciare le chitarre, oppure altri strumenti musicali, alla fine dei concerti dal vivo. Ma perché?

Dicono alcuni, si trattasse in realtà di un gesto di protesta messo in atto dagli stessi artisti, i quali, in parte ispiratisi al movimento Pop Art (fine anni ’50 – primi anni ’60), sentivano la necessità di contestare, a modo loro, l’influenza molto negativa, che esercitava il crescere del consumismo all’interno della società, una società che a parere loro in questo modo si stava lentamente ammalando. Si denunciava, in poche parole, un  sistema che funzionava male, un insieme di persone alla continua ricerca di denaro, un nuovo mondo dove i soldi valevano di più della cultura, delle grandi capacità artistiche, e di tutti gli altri valori.

Dal mio canto, mi sento di dire, che forse, i primi esempi di spendaccioni arricchiti erano proprio loro (gli artisti famosi), quelli che non perdevano mai l’occasione di sfoggiare intere collezioni di costosissime auto, enormi ville con piscina, frequentazioni in locali esclusivi e quant’altro potesse dimostrare il fatto che loro avevano guadagnato tanto ed soprattutto in fretta.

Da un altro punto di vista, ho sempre pensato che lo sfasciare uno strumento musicale, implicasse anche la possibilità di avere le risorse economiche per poi acquistarne un altro. In più l’ho sempre visto come un modo di offendere indirettamente chi non aveva le possibilità di acquistarne uno.

Altre persone pensano che servisse semplicemente per fare un po’ di scena, per concludere in bellezza uno spettacolo, per non lasciare quel vuoto improvviso che viene a crearsi alla fine di un concerto. Altri ancora, sono convinti si trattasse di un rituale che simboleggiava la fine della grande storia d’amore tra il musicista e lo strumento musicale, inscenata per far si che il pubblico si sentisse più importante  perché aveva avuto il privilegio di ascoltare note uniche ed irripetibili.

Pete Townshend, leader e chitarrista degli Who, che, come ben noto, di distruzione di strumenti musicali se ne intende, affermava, nelle interviste, che era molto interessato ai suoni che producevano chitarre ed amplificatori nel momento del loro violento impatto. Alcuni sono convinti che sia stato proprio lui ad inventare questa “moda” , attorno agli anni ’60. Pete Townshend sul palco era bravissimo, non solo come chitarrista ma anche come attore. Sono infatti Indimenticabili le sue “uscite teatrali”, quando saltava, quando roteava il braccio nel suo famoso “mulinello” (windmill in inglese), ed appunto, quando sfasciava le sue chitarre sugli amplificatori.

Pete Townshend

Alcuni degli strumenti rotti da Pete Townshend sono stati battuti alle aste in U.S.A per cifre che sfiorano i 70 mila dollari.

Il primo distruttore di strumenti musicali per altri, invece, potrebbe essere il celebre cantante e pianista Jerry Lee Lewis (uno dei padri del Rock ’n’ Roll).

Il musicista statunitense divenne così famoso non solo per la sua bravura ma anche per la teatralità delle sue esibizioni dal vivo, tanto da guadagnarsi il soprannome di “The Killer”, sia per i modi rudi adottati durante i suoi concerti, che per il suo stile di vita non certo esemplare.

Riguardo a lui, la leggenda narra che per questioni legate ad una presunta rivalità con il grande Chuck Berry, nel corso di un concerto al Paramount Theater di Brooklyn del 1958, “The Killer” Jerry LeeLewis che doveva suonare prima del suo nemico, avesse preferito, non appena terminata la sua performance, dare fuoco al pianoforte con del combustibile, piuttosto di lasciare il palcoscenico intatto al suo rivale.

Chuck Berry

Anche Jimi Hendrix concluse la sua memorabile performance al Monterey Pop Festival nel 1967, versando del combustibile per accendini sulla chitarra e dando alle fiamme la sua Fender Stratocaster direttamente sul palco, inscenando una sorta di sacrificio religioso.

Ma sono moltissimi i musicisti, soprattutto i chitarristi, che ebbero questo tipo di ispirazione, solo per citarne alcuni oltre a quelli già ricordati, anche Kurt Cobain  dei Nirvana, e Paul Stanley chitarristae frontman dei Kiss che nel corso della sua carriera arrivò a distruggere sul palco ben 1596 chitarre ( Modello Gibson Marauder ) meticolosamente catalogate da un suo fan e in seguito registrate ad una ad una, su un sito apposito.

Per quanto riguarda l’affermazione attribuita a Paul McCartney riguardo i Beatles, i quali avrebbero, all’inizio della loro carriera, distrutto anche loro gli strumenti musicali sul palco, vi posso assicurare che non credo corrisponda al vero.

George Harrison

Io non mi vedo proprio un George Harrison, puntiglioso collezionista di chitarre, maniacale nel sistemare ogni sua chitarra, imbracciare la sua amatissima Rickenbacker  360/12 corde del 1963 e quindi sfasciarla sull’amplificatore. Come non mi vedo nemmeno gli altri tre Beatles fare la stessa cosa con i loro rispettivi strumenti!

— Onda Musicale

Tags: Paul McCartney, Jerry Lee Lewis, Chuck Berry, Nirvana, The Beatles, Jimi Hendrix, Kurt Cobain, Pete Townshend
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