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“Rough and Rowdy Ways” di Bob Dylan: tra blues, letteratura e cinema

Bob Dylan è tornato con il suo nuovo disco, Rough and Rowdy Ways. Pubblicato dalla casa discografica Columbia Records, è uscito lo scorso 19 giugno.

Si tratta del 39° album di studio del cantautore statunitense ed è uscito a tre anni di distanza dal precedente Triplicate (Columbia Records, 2017).  Questo lavoro ha visto Dylan collaborare con altri nomi del panorama musicale: Blake MillsBenmont TenchAlan PasquaFiona Apple e Tommy Rhodes.

Rough and Rowdy Ways è un disco senza fronzoli, essenziale. A dominarlo sono le chitarre e soprattutto la rocca voce di Dylan. Si snoda in una costante alternanza tra ballate e canzoni dal ritmo più incalzante. Grazie a ciò, è caratterizzato complessivamente da un ottimo equilibrio compositivo. Non rischia, infatti, di risultare troppo tedioso o pesante come sarebbe se avesse troppi brani lenti. Non cade nemmeno nell’errore opposto, ossia quello di avere solo canzoni estremamente ritmate, diventando così qualcosa che non dà mai un minimo di respiro all’ascoltatore.

In generale, quello che emerge maggiormente da quest’ultima fatica del cantautore sono le forti vibrazioni blues che lo pervadono. In molte sue canzoni vediamo, infatti, l’artista proporre di riff  e giri armonici tipici di questo genere musicale. Dylan li fa propri, rielaborandoli, sempre però mantenendo la semplicità e l’immediatezza del classico blues e rockin’ blues. Inoltre, il musicista è estremamente abile a ricreare le atmosfere e le sensazioni legate a questo genere musicale. A contribuire a ciò si aggiunge anche la sua voce. Invecchiando il cantante ha, infatti, acquistato un interessante timbro basso e rocco che si sposa perfettamente con questo genere musicale.

Sembra quasi di vederlo, in uno sgangherato pub di Chicago che canta e fuma, con a portata di mano il suo drink. Lo so, associare collegare questo tipo di musica e città, che nell’immaginario appartengono tipicamente alla cultura afro, e Dylan, il bianco menestrello folk, sembra un po’ un azzardo. Tuttavia, è difficile non pensare a qualcosa del genere ascoltando brani come Crossing The Rubicon o My Own Version of You. Inoltre, lungo la sua carriera, l’artista si è sempre ispirato a diverse culture e generi musicali, tra cui anche il gospel, il blues e classic rock.

Un altro elemento che spicca in Rough and Rowdy Ways, come in tutta la discografia di Dylan, sono i testi. Come in molte suoi lavori passati, il cantautore gioca ampliamente con la letteratura, facendo ampio i riferimento ai più svariati scrittori e opere. Questo aspetto si nota già dal titolo della prima canzone dell’album, I Contain Multitudes. La frase si ispira ad un verso della poesia Song of Myself (1855) dello scrittore americano Walter Whitman (1819-1892). Nel corso dell’album  troviamo poi, menzionati o citati in intelligenti riferimenti, vari poeti e scrittori.

Dylan, infatti, chiama in causa Edgar Allan Poe (1809-1849), William Blake (1757-1827), Mary Shelly (1797-1851), Shakespeare (1564-1616) e Dante (1265-1321). Nomina, inoltre, Allen Ginsberg (1926-1997), Gregory Corso (1930-2001) e Jack Kerouac (1930-2001), tre poeti associati alla Beat Generation.

Il musicista arriva perfino a prendere spunto dal padre della letteratura in persona, Omero. Lo fa, nella ballata Mother of Muses. I poemi epici solitamente iniziavano con un’invocazione alle muse, per far sì che queste entità ispirassero e guidassero il poeta durante la scrittura. La canzone pare proprio riprendere questo tipo di componimento. In particolare, la frase con cui inizia – Madre delle muse, canta per me – sembra ispirarsi proprio a ciò che Omero scrive all’apice della sua Odissea.

Dylan non si accontenta solo di fare riferimento ai grandi scrittori del passato. In quest’album, infatti, notiamo anche parecchie citazioni riguardanti il mondo del cinema. Il cantautore nomina attori celebri come Buster Keaton (1895-1966), Harold Lloyd (1893-1971), Marlon Brando (1924-2004) e Al Pacino (1940). Inoltre, richiama anche ad alcune pellicole famose.

Vediamo, ad esempio, menzionate Indiana Jones, A Nightmare On Elm Street (Wes Craven, 1984), It Happened One Night (Frank Capra, 1930). Si trovano, inoltre, riferimenti a due lavori del regista Victor Fleming (1889-1949), ossiaIl mago di OZ ( 1939) e Via col vento (1939).

— Onda Musicale

Tags: Marlon Brando, Buster Keaton, Gospel, Bob Dylan, Blues, Chicago
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