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Tell me a song: “Sweet Home Chicago” di Robert Johnson

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Blues Brothers

Sweet Home Chicago” è uno dei brani blues più iconici e riconoscibili della storia della musica, un inno non ufficiale alla città di Chicago e un pilastro del repertorio blues.

Registrata per la prima volta da Robert Johnson nel 1936, Sweet Home Chicago ha radici profonde nella tradizione blues e ha ispirato innumerevoli reinterpretazioni da parte di artisti di ogni genere.

Le origini di Sweet Home Chicago

Negli anni ’30, il blues era il linguaggio musicale predominante delle comunità afroamericane negli Stati Uniti, in particolare nel Delta del Mississippi e nelle città del Nord come Chicago, che divenne un centro nevralgico per il blues urbano. Chicago attirava migliaia di afroamericani dal Sud durante la Grande Migrazione, in cerca di migliori opportunità economiche e di fuga dalla segregazione razziale. La città si trasformò in un simbolo di speranza, ma anche di sfide, per molti migranti, e il blues rifletteva queste esperienze di nostalgia, lotta e resilienza.

Sweet Home Chicago” nasce in questo contesto, come un’espressione di desiderio di ritorno a un luogo ideale, anche se il testo della canzone presenta ambiguità geografiche che hanno generato dibattiti tra studiosi e appassionati. La menzione della “terra della California” nel testo di Robert Johnson ha portato a speculazioni sul significato del brano, ma molti interpretano Chicago come il vero “luogo di casa”, un rifugio simbolico per i migranti del Sud.

Un brano “assemblato”

Nonostante “Sweet Home Chicago” sia accreditata a Robert Johnson, il brano non è del tutto originale, poiché attinge a una ricca tradizione di blues che si basava sulla condivisione e rielaborazione di melodie, testi e strutture. La melodia e la struttura di “Sweet Home Chicago” derivano da diversi brani precedenti, tra cui:

  • “Kokomo Blues” di James “Kokomo” Arnold (1934): questo brano è il predecessore diretto di “Sweet Home Chicago”. Registrato a Chicago, “Kokomo Blues” utilizza una melodia e una struttura simili, con un testo che celebra Kokomo (Indiana), come destinazione. Johnson adatta il ritornello, sostituendo “Kokomo” con “Chicago” e modificando alcune parti del testo.
  • “Honey Dripper Blues” di Edith North Johnson (1929): questo brano presenta una melodia affine e una struttura AAB tipica del blues (le prime due sezioni hanno lo stesso testo e la stessa melodia, ma armonia diversa. La terza sezione presenta un testo e una melodia nuovi), che influenza l’arrangiamento di “Sweet Home Chicago”.
  • “Red Cross Blues” di Walter Roland (1933): un altro brano che condivide elementi melodici con “Sweet Home Chicago”, contribuendo alla sua costruzione.

La pratica di rielaborare materiale esistente era comune nel blues, e Robert Johnson, come molti altri musicisti dell’epoca, si inserisce in questa tradizione. La sua versione, tuttavia, si distingue per l’energia, l’intensità vocale e il caratteristico stile chitarristico, che combina accordi in slide con un ritmo boogie.

La registrazione di Robert Johnson

Sweet Home Chicago” fu registrata da Robert Johnson il 23 novembre 1936 in una sessione a San Antonio, Texas, per la Vocalion Records. La canzone è costruita su una classica forma blues a dodici battute, con un accompagnamento di chitarra acustica che alterna linee melodiche e ritmi boogie. Il testo, pur semplice, è evocativo e riflette il tema della nostalgia:

Oh, baby, don’t you want to go? / Back to the land of California, to my sweet home Chicago”

L’ambiguità del riferimento alla “California” ha suscitato molte interpretazioni. Alcuni studiosi suggeriscono che Robert Johnson potrebbe aver inteso “Calumet City”, un sobborgo di Chicago, o che il termine fosse un errore o una licenza poetica. Altri vedono nel testo un’espressione simbolica della ricerca di un luogo ideale, non necessariamente geografico.

Nonostante la sua importanza odierna, “Sweet Home Chicago” non ottenne un grande successo commerciale al momento della sua uscita. Robert Johnson, morto tragicamente nel 1938 a soli 27 anni, non visse abbastanza per vedere il brano diventare un classico. Tuttavia, la sua registrazione pose le basi per la sua immortalità nel canone del blues.

Il testo e il suo significato

Il testo di “Sweet Home Chicago” è un mix di nostalgia, desiderio di movimento e riferimenti criptici. La struttura segue il modello AAB del blues, con versi ripetuti che enfatizzano il ritornello. Alcuni versi, come “Six and two is eight / Eight and two is ten”, giocano con numeri in modo apparentemente casuale, un tratto comune nel blues che serve a mantenere il ritmo e aggiungere un tocco di umorismo o ironia.

Il tema centrale è il desiderio di ritorno a Chicago, descritta come una “sweet home” (casa dolce casa). Tuttavia, il testo non chiarisce se il narratore stia davvero tornando a Chicago o se la città sia un simbolo di rifugio o libertà. La menzione di altre località, come Des Moines (Iowa), aggiunge ulteriore mistero, suggerendo un viaggio fisico o emotivo.

Now two and two is four
four and two is six,
you gon’ keep on monkeyin’ round here friend boy,
you gon’ get your business all in a trick.
But Ah’m cryin’, baby,
honey, don’t you want to go
back to the land of California
to mah sweet home Chicago

Per molti ascoltatori, la canzone cattura lo spirito della Grande Migrazione, con Chicago che rappresenta non solo una destinazione fisica, ma anche un luogo di opportunità e comunità per gli afroamericani del Sud. La malinconia della voce di Robert Johnson e il ritmo incalzante della chitarra amplificano questa tensione tra speranza e nostalgia.

“Sweet Home Chicago” è stata reinterpretata da centinaia di artisti, diventando uno standard blues suonato in jam session e concerti in tutto il mondo

The Blues Brothers (1980)

La versione dei The Blues Brothers, inclusa nella colonna sonora del film omonimo del 1980, è forse la più famosa e riconoscibile. Interpretata da Jake ed Elwood Blues (John Belushi e Dan Aykroyd), questa cover è caratterizzata da un arrangiamento vivace e potente, con una sezione di fiati, un ritmo incalzante e un’energia contagiosa. Registrata in tonalità di Fa (più alta rispetto all’originale in Mi di Johnson), la versione dei Blues Brothers è pensata per il grande pubblico, con un suono che fonde blues, soul e R&B.

Questa reinterpretazione ha portato “Sweet Home Chicago” a una nuova generazione, trasformandola in un inno popolarissimo associato alla città di Chicago. Nel film, il brano accompagna una scena memorabile in cui la band si esibisce in un locale, catturando l’essenza del blues urbano. La versione dei Blues Brothers è spesso citata come quella che ha reso la canzone un simbolo culturale, anche se alcuni puristi del blues criticano il suo approccio più commerciale.

Eric Clapton

Eric Clapton, uno dei più grandi chitarristi blues-rock, ha interpretato “Sweet Home Chicago” in diverse occasioni, spesso in contesti live. La sua versione più nota appare in album come From the Cradle (1994), dove Slow Hand rende omaggio ai classici del blues. La sua interpretazione è fedele allo spirito di Robert Johnson, con un suono chitarristico elettrico che richiama il blues di Chicago degli anni ’50, ma con il suo caratteristico stile fluido e melodico.

Clapton aggiunge un tocco personale, con assoli che enfatizzano l’emozione del brano, e la sua voce calda si adatta perfettamente al tono nostalgico del testo. La sua cover è particolarmente apprezzata per il rispetto mostrato verso le radici del blues e per la capacità di rendere il brano accessibile a un pubblico rock.

Muddy Waters

Muddy Waters, una delle figure centrali del Chicago blues, ha incluso “Sweet Home Chicago” nel suo repertorio, anche se non ha mai registrato una versione ufficiale in studio del brano. Le sue performance dal vivo, spesso accompagnate dalla sua band elettrica, trasformano la canzone in un potente inno urbano, con un suono più grezzo e amplificato rispetto all’originale di Johnson. La versione di Muddy Waters riflette l’evoluzione del blues negli anni ’40 e ’50, quando il genere si trasformò da acustico a elettrico, grazie a pionieri come lui. La sua interpretazione è caratterizzata da un groove intenso e da un’interazione dinamica tra la sua slide guitar e l’armonica o il pianoforte della band.

Freddie King

Freddie King, uno dei “tre re” del blues (insieme a B.B. King e Albert King), ha registrato una versione di “Sweet Home Chicago” che enfatizza il suo stile chitarristico energico e il suo approccio vocale soul. La sua cover, presente in diverse registrazioni live e in compilation, è un esempio di come il brano possa essere adattato al blues elettrico degli anni ’60, con un ritmo più veloce e un suono più aggressivo. La versione di King è particolarmente amata dai fan del blues per la sua immediatezza e per l’energia che trasmette, rendendo il brano un veicolo per assoli di chitarra memorabili.

Buddy Guy

Buddy Guy, un altro leggendario chitarrista di Chicago, ha interpretato “Sweet Home Chicago” in numerose occasioni, spesso in concerti dal vivo. La sua versione è caratterizzata da un approccio teatrale e virtuosistico, con assoli esplosivi e una voce potente che cattura l’essenza del blues di Chicago. Guy, che ha suonato con Muddy Waters e altri grandi del genere, porta nel brano la sua esperienza personale, essendo un nativo della Louisiana che si è trasferito a Chicago negli anni ’50. La sua interpretazione è un omaggio alla città che lo ha accolto e alla tradizione blues che ha contribuito a plasmare, rendendo “Sweet Home Chicago” un momento clou dei suoi spettacoli.

“Sweet Home Chicago” è un simbolo della cultura blues e della città di Chicago

Il brano è diventato un inno non ufficiale della città, celebrato in festival, eventi e locali blues come il Kingston Mines o il Buddy Guy’s Legends. La sua popolarità è stata amplificata dal film The Blues Brothers, che ha reso il brano un punto di riferimento anche per chi non è un appassionato di blues.

La canzone è anche un esempio della natura collaborativa del blues, dove melodie e testi venivano condivisi e rielaborati da generazioni di musicisti. La sua struttura semplice ma versatile la rende perfetta per jam session, e il suo testo universale sulla nostalgia e il ritorno a casa risuona con ascoltatori di ogni epoca. Nonostante l’ambiguità del testo e le sue origini complesse, “Sweet Home Chicago” rimane un pilastro del blues, un brano che racconta una storia di movimento, speranza e appartenenza. La sua influenza si estende oltre il blues, toccando generi come il rock, il soul e persino la musica pop.

“Sweet Home Chicago” è un capolavoro del blues

Dalle sue radici nei brani di Kokomo Arnold e altri pionieri del blues, alla storica registrazione di Robert Johnson nel 1936, fino alle reinterpretazioni di artisti come i Blues Brothers, Eric Clapton, Muddy Waters e Buddy Guy, la canzone ha dimostrato una straordinaria capacità di adattamento e di resistenza. Ogni cover ha aggiunto un nuovo strato alla sua storia, rendendola un simbolo di Chicago e della tradizione blues.

Per chi desidera esplorare il brano, la versione originale di Robert Johnson offre un’immersione nel Delta blues, mentre quella dei Blues Brothers cattura l’energia del blues urbano.

— Onda Musicale

Tags: Muddy Waters/Eric Clapton/Robert Johnson/B.B. King/Buddy Guy/Freddie King/John Belushi
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