Studio 54 non è solo una discoteca: è un’icona culturale, un simbolo degli eccessi, della creatività e della libertà degli anni ’70 e ’80. Situato nel cuore di Manhattan, questo locale ha ridefinito il concetto di nightlife, diventando il palcoscenico di celebrità, artisti, eccessi e momenti indimenticabili.
Le origini di Studio 54
Studio 54 fu fondato nel 1977 da Steve Rubell e Ian Schrager, due imprenditori di Brooklyn con un sogno ambizioso: creare un locale che fosse più di una discoteca, un luogo dove arte, musica, moda e celebrità si fondessero in un’esperienza unica. Il locale aprì ufficialmente il 26 aprile 1977 al 254 West 54th Street, in un edificio che in precedenza ospitava un teatro e uno studio televisivo della CBS (da cui il nome “Studio 54”). Rimase aperto solo tre anni.
Rubell e Schrager trasformarono lo spazio in un tempio del glamour, con un design spettacolare che includeva un’illuminazione teatrale, una pista da ballo illuminata, effetti speciali come macchine per la neve e un sistema audio all’avanguardia. L’iconica “Man in the Moon”, una scultura sospesa di una luna con un cucchiaio di cocaina animato, divenne uno dei simboli più riconoscibili del locale, incarnando l’atmosfera di eccesso e provocazione.
I due fondatori avevano visioni complementari
Rubell era il carismatico promotore, sempre presente all’ingresso per selezionare personalmente i clienti, mentre Schrager si occupava della gestione e della visione artistica. La loro formula vincente era semplice ma rivoluzionaria: creare un’esclusività che attirasse le celebrità e, allo stesso tempo, accogliere una folla eterogenea di artisti, drag queen, musicisti e persone comuni, purché portassero energia e originalità.

La struttura del locale era essenzialmente quella di un normale teatro, composto da platea e galleria
- La pista era stata collocata nella platea (ampia 1800 m²). La sala era attrezzata con ben 54 diversi effetti luminosi, neon rotanti, luci stroboscopiche e torri con riflettori colorati che diffondevano luci intermittenti e che si alzavano e si abbassavano, illuminando il pubblico.
- La console del disc-jockey alloggiava nella posizione del palcoscenico.
- La zona dei divani era stata ricavata nella balconata. Per accedervi si saliva attraverso una scala in stile barocco riccamente decorata.
- Il bancone del bar si trovava sotto la balconata, allo stesso livello della pista.
- Sconosciuta ai più, per l’accesso strettamente riservato, era una stanza (a mo’ di privé) collocata in corrispondenza della balconata; vi poteva entrare un ristrettissimo numero di persone, invitate personalmente da Rubell, ma il gestore del locale faceva anche qualche eccezione, in quanto a volte sceglieva casualmente tra la folla delle persone comuni e le invitava insieme alle celebrità alle sue feste esclusive.
Chi frequentava Studio 54?
Studio 54 divenne rapidamente il punto di ritrovo di un’élite culturale e di celebrità di ogni tipo. La sua porta d’ingresso, sorvegliata da Rubell e da un team di buttafuori, era leggendaria per la sua selettività: entrare non era una questione di denaro o status, ma di “vibrazione” e stile. Questa politica creava un mix unico di frequentatori, che includeva:
- Celebrità di Hollywood: attori come Liza Minnelli, Sylvester Stallone, John Travolta, Brooke Shields e Cher erano habitué del locale. Mick Jagger e Bianca Jagger, spesso presenti, contribuirono a cementare l’aura glamour di Studio 54.
- Icone della moda: stilisti come Yves Saint Laurent, Calvin Klein, Halston e Diane von Fürstenberg frequentavano il locale, spesso accompagnati da modelle come Jerry Hall e Iman.
- Artisti e musicisti: Andy Warhol era un assiduo frequentatore e considerava Studio 54 il suo “laboratorio sociale”. David Bowie, Elton John, Freddie Mercury e Donna Summer erano spesso avvistati sulla pista da ballo o nei privé.
- Figure culturali e outsider: il locale era famoso per la sua inclusività verso la comunità LGBTQ+, con drag queen, performer e ballerini che contribuivano all’atmosfera unica. Persone comuni, selezionate per il loro look o energia, si mescolavano con le star, creando una fusione di mondi sociali.
Uno degli eventi più iconici legati a Studio 54 fu il leggendario ingresso di Bianca Jagger a cavallo di un cavallo bianco per il suo compleanno nel 1977, un momento immortalato dai fotografi e simbolo dell’eccesso del locale.
Il fenomeno culturale e musicale
Studio 54 non era solo un luogo di festa, ma un epicentro della cultura disco, che negli anni ’70 dominava le classifiche musicali. La musica, curata da DJ leggendari come Richie Kaczor e successivamente Nicky Siano, spaziava dai classici disco di Donna Summer e Chic a brani funk, soul e primi accenni di elettronica. Canzoni come “I Will Survive” di Gloria Gaynor, “Le Freak” di Chic e “Love’s Theme” della Love Unlimited Orchestra erano l’anima sonora del locale.

Il locale era anche un palcoscenico per performance live: artisti come Grace Jones, che debuttò con spettacoli mozzafiato, e gruppi come i Village People si esibivano regolarmente, trasformando le serate in eventi teatrali. La pista da ballo, con le sue luci pulsanti e il suono cristallino, era il cuore pulsante di Studio 54, dove si celebrava la libertà di espressione e l’edonismo.
Alcune curiosità
- La selezione all’ingresso: Steve Rubell era noto per il suo approccio capriccioso nel scegliere chi poteva entrare. Poteva rifiutare celebrità se non “si adattavano all’atmosfera” e accogliere sconosciuti con un look eccentrico. Si dice che una volta abbia fatto entrare una donna anziana solo perché “sembrava interessante”.
- Gli eccessi nascosti: Studio 54 era famoso per l’uso diffuso di droghe, in particolare cocaina, che era praticamente un’istituzione nel locale. I privé e le aree nascoste, come la soffitta sopra il soffitto, erano noti per feste private e comportamenti sfrenati.
- Eventi leggendari: oltre al cavallo di Bianca Jagger, Studio 54 ospitò feste memorabili, come il Capodanno 1978 con una nevicata artificiale sulla pista da ballo e la festa di San Valentino con migliaia di cuori di carta che cadevano dal soffitto.
- Il declino e la chiusura: nel 1979, Rubell e Schrager furono arrestati per evasione fiscale dopo che le autorità scoprirono milioni di dollari nascosti nei muri del locale. Studio 54 chiuse temporaneamente nel 1980, ma riaprì sotto nuova gestione fino al 1986. Tuttavia, non recuperò mai la magia degli anni d’oro.
- Un guardaroba leggendario: il guardaroba di Studio 54 era gestito da un giovane Marc Jacobs, che all’epoca era uno studente di moda. Si dice che molte celebrità lasciassero capi di abbigliamento firmati, creando una collezione di pezzi iconici.
- Un film e un documentario: la storia di Studio 54 è stata raccontata in un film del 1998, 54, con Mike Myers nei panni di Steve Rubell, e in un documentario del 2018, Studio 54, diretto da Matt Tyrnauer, che esplora l’ascesa e la caduta del locale con interviste a Schrager e altri protagonisti.
- Alla serata inaugurale, nel 1977, partecipò anche il futuro presidente degli Stati Uniti Donald Trump, all’epoca ancora non entrato in politica, con l’allora moglie Ivana, e Trump fu anche il primo a mettere piede nel locale.
- Si ricorda anche la presenza del calciatore Pelé, della cantante rock italiana Loredana Bertè nonché degli attori Marcello Mastroianni e Gérard Depardieu.
- Il videoclip del singolo New York City Boy dei Pet Shop Boys venne girato in parte nel locale, e in un frammento del video si vede la scena del cavallo bianco che entra.
- La giornalista Marjorie Daphnis, che riuscì ad entrare nel club nel 1979, raccontò che all’interno del club era permesso ogni tipo di eccesso. I pochi fortunati che riuscivano ad entrare dovevano pagare una tariffa assai alta, e una volta dentro era comune vedere camerieri con corpi atletici e di bell’aspetto muoversi quasi nudi tra i tavoli dei clienti, con addosso solamente un piccolo indumento per coprire i loro genitali. Spesso, inoltre, i camerieri venivano palpeggiati dai partecipanti e molti di loro consumavano rapporti sessuali sul posto.
“Studio 54 era una dittatura all’ingresso e una democrazia sulla pista da ballo”
(Andy Warhol)
Il declino
La caduta di Studio 54 fu tanto spettacolare quanto la sua ascesa. L’arresto di Rubell e Schrager per evasione fiscale segnò l’inizio della fine. Dopo aver scontato 13 mesi di carcere, i due fondatori si reinventarono nel settore alberghiero, creando boutique hotel di successo come il Morgans Hotel. Steve Rubell morì nel 1989 per complicazioni legate all’AIDS, mentre Ian Schrager continuò a costruire un impero nell’ospitalità.
Nonostante la sua breve esistenza al culmine della fama (1977-1980), Studio 54 ha lasciato un’eredità importante
Ha influenzato il concetto moderno di nightlife, ispirando club e locali in tutto il mondo. La sua estetica, fatta di glamour, inclusività e trasgressione, continua a ispirare la moda, la musica e la cultura pop. Oggi, l’edificio di Studio 54 ospita il Roundabout Theatre, ma il suo mito vive nelle storie, nelle immagini e nei ricordi di un’epoca irripetibile.
Studio 54 rimane un simbolo di un’epoca in cui tutto sembrava possibile, un luogo dove i confini tra arte, musica e vita sociale si dissolvevano in una danza sfrenata sotto le luci stroboscopiche. La sua storia è una testimonianza del potere della creatività e dell’energia collettiva, un sogno che, anche se breve, continua a brillare nel firmamento della cultura pop.









