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Deep Purple: ecco la nostra recensione di “Turning to Crime”

Siamo lontani dal 1968 quando il rock stava cominciando a conficcare le sue radici nel mondo in maniera sempre più determinante, quando la magia di quegli anni gloriosi ci regalava band incredibili e iconiche come i Deep Purple che ancora oggi sfornano album eccellenti e unici.

Turning to Crime è la nuova perla che questi signori di Hertford, nel 2021, ci hanno consegnato. Il loro 22° album in studio composto solo da cover reimpostate nel mood eccentrico dei Deep Purple, 12 brani che raccontano e raccolgono un po’ la storia del rock, quella vissuta dalla band stessa. Un disco davvero brillante che va assolutamente ascoltato e messo in discografia.

Si parte con 7 and 7 Is di Arthur Lee, grandissimo frontman della band Californiana “ LOVE “ che ebbe grande spessore creativo negli anni 66-70. Già dai primi secondi si percepisce la carica e la potenza dell’interpretazione, la voce di Ian Gillan sembra non invecchiare mai, potente e assolutamente in linea con tutta la sua carriera, il brano spinge grazie anche al drumming infallibile di Mr Ian Paice.

Rockin’ Pneumonia and the Boogie Woogie Flu è una vera chicca che ci catapulta direttamente negli anni 50 un boogie suonato ad altissimi livelli, cover di  “ Huey Piano Smith “. Il brano ha un ritmo fresco e ballabile, la qualità del suono e dell’esecuzione lo rende molto attuale, il piano la fa da padrone, Don Airey degno sostituto del mai dimenticato Jon Lord, ci regala per un attimo anche una “finezza” accennando il tema di Smoke on the Water durante le innumerevoli progressioni di piano.

Dal boogie più folle si passa al rock folk e progressive con la terza traccia dell’album Oh Well  dei Fleetwood Mac, una band molto vicina ai Deep Purple. Il sound è molto familiare e i ragazzacci ci sguazzano alla perfezione, superlativi  gli assoli di Steve Morse, sempre impeccabile. Personalmente lo trovo un brano davvero bellissimo e la migliore interpretazione dell’album.

Jenny Take a Ride! di Mich Ryder & The Detroit Wheels  segue e ci riporta con le sue atmosfere rock & blues alle feste nei club più reconditi di New Orleans, ma è solo una sensazione perché il groove è così moderno e d’impatto che quasi non si crede essere un brano della  metà degli anni 60. Una bellissima scarica di adrenalina.

Con Watching the River Flow si omaggia un altro gigante della musica rock folk mondiale: il grande Bob Dylan. Il brano è molto più veloce e movimentato dell’originale ma non perde quella sinuosità che la canzone ha in sé. Ancora una volta degna di nota è la bellissima interpretazione di Ian Gillan, la sua voce è davvero compatta e pulita, il punto di forza dell’intero lavoro in studio.

Immersi in questo vortice incredibile di storia e note ci accingiamo a raggiungere la sesta traccia di questo album: Let the Good Times Roll di Louis Jorda and the Tympany Five. Con cui ufficialmente siamo a metà strada del percorso. L’interpretazione del brano è magistrale, per un attimo ho avuto la sensazione di ritrovarmi nel film “Ritorno al Futuro“ durante il ballo “Incanto sotto al mare“, davvero geniale. Le parti in piano e organo riadattate sono incisive e il tutto è così pieno di groove che non puoi non dondolare.

Dixie Chicken  di Little Feat segue e cambia totalmente i toni, si passa a qualcosa di più folk e country, qui si resta quasi fedele all’originale ma la cosa non disturba, anzi. Ancora una volta il piano è l’elemento portante grazie alle doti incredibili di Don Airey.

Shapes of Things di The Yardbirds è l’ottava traccia, un brano incredibile e intenso, di cui consiglio di guardare una versione live in compagnia di Jimmy Page che nei primi anni della sua carriera ha militato proprio qui per poi staccarsene e fondare i Led Zeppelin. L’esecuzione rispecchia l’andamento della canzone originale ma con quel tocco alla Deep Purple che la rende più pomposa grazie al tappeto di organo che abbraccia tutti i 3:40m e i tecnicismi di Steve Morse alla chitarra.

Continuiamo con The Battle of New Orleans di Jonnny Horton, una cover davvero simpatica in collaborazione con il produttore Bob Ezrin alla voce. Un brano quasi goliardico che da ancora più colore all’intero prodotto e proprio qui si capisce tantissimo come la band ancora si diverta suonando insieme in studio. E’ davvero ammirevole come a distanza di 50 anni e più ci sia ancora complicità e freschezza e sono proprio questi elementi che si percepiscono in questo lavoro che diventa sempre più interessante man mano che scorrono le tracce.

Numero 10° con Lucifer  di The Bob Seger System pseudonimo di Robert Clark Seger grandissimo cantautore rock statunitense la cui attività più strabiliante è stata tra il 1969e il 1978. Ancora una volta i Deep Purple sono capaci di aumentare l’intensità del brano che già da solo è forte, ma gli abbellimenti adottati lo rendono addirittura attuale. I riff di chitarra con questo suono più moderno sono ancora più corposi, un brano che personalmente inserirei nella mia playlist quotidiana.

White Room dei Cream è un brano già perfetto, un capolavoro del progressive che di per sé non ha bisogno di presentazioni perché si presenta già da solo. In questo caso l’esecuzione è molto vicina all’originale con qualche aggiunta di fraseggi di chitarra e tastiere. Una cover che solo una band come i Deep Purple poteva interpretare senza strafare, senza uscire dagli schemi.

Siamo giunti alla fine di questo fantastico giro con Caught in the Act (Going Down / Green Onions / Hot ‘Lanta / Dazed and Confused / Gimme Some Lovin’) che chiude un album ricco e a mio avviso davvero suonato bene. Cover di Moloch – BrookerT & The MGs – All Brothers Band – Jake Holmes – Spencer Davis Group un brano scelto a pennello per una chiusura, sembra una lunghissima jam live (7:49 m), un viaggio di virtuosismi, suoni e progressioni.

In conlusione, si tratta di un disco validissimo che consiglio vivamente a chi ama il rock, nonostante l’idea di registrare cover non sia troppo originale. Tuttavia, c0èm modo e modo per farlo e i Deep Purple si sono dimostrati ancora una volta una band gigantesca.

(scitto da Sossio Aversana per Onda Musicale)

— Onda Musicale

Tags: Deep Purple, Ian Gillan, Ian Paice, Cream, Don Airey, Steve Morse, Jon Lord
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