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Un disco per il week end: “Profondo rosso” dei Goblin

Siamo in Italia nel 1975. Il progressive rock inglese, e soprattutto tricolore, ora vive il suo periodo d’oro con gruppi storici come Yes, Genesis, Area, Banco del Mutuo Soccorso e tanti altri per non parlare dei Pink Floyd che stanno registrando Wish You Were Here dopo il successo planetario di The Dark Side of the Moon.

In questo periodo di sperimentazione musicale anche il cinema non è da meno e tra gli italiani spicca il giovane regista romano Dario Argento reduce da thriller molto interessanti come ad esempio L’uccello dalle piume di cristallo e 4 mosche di velluto grigio.

Per il suo quinto film è alla ricerca di un gruppo che componga le musiche dopo i dissidi con Giorgio Gaslini (leggi qui l’articolo). All’inizio è orientato verso i Pink Floyd e gli Emerson, Lake & Palmer, ma niente di fatto dato che i primi stanno registrando il disco nuovo ed i secondi chiedono troppo.

È un punto di stallo, che fare? A salvare la situazione ci pensa il produttore Carlo Bixio che gli consiglia una demo degli sconosciuti Cherry Five, praticamente il primissimo embrione dei Goblin al pari degli Oliver, e questo segna la svolta ed una lunga collaborazione tra il regista e la band. Un connubio unico nel suo genere.

Il sodalizio artistico si traduce in Profondo rosso, film di Argento di successo mondiale e primo album dei Goblin, ma diamo un’occhiata alle tracce di un capolavoro che ha visto numerosi remix ed edizioni speciali:

 

Profondo rosso: il brano più famoso dei Goblin a cui verranno sempre inesorabilmente collegati. Il susseguirsi delle note di Simonetti, tra tintinnii e sintetizzatori, il basso pulsante di Pignatelli, l’arpeggio della dodici corde di Morante e la batteria di Martino è una delizia per l’orecchio anche se il senso d’inquietezza che trasmette il ritmo serra il cuore dell’ascoltatore in una gelida morsa.

Non per niente è il motivo tema del film di Argento ed anche questo spiega il motivo del successo di questa pellicola. Se ci pensiamo bene che cos’è un thriller senza la giusta musica che evidenzia il crescendo dell’ansia e della situazione?

Da ricordare la presenza dell’organo a canne, situato letteralmente sopra lo studio di registrazione, usato da Simonetti in omaggio al suo mito Keith Emerson (Emerson, Lake & Palmer). Mito emulato anche in uno dei suoi primissimi progetti musicali ovvero Il ritratto di Dorian Gray, un trio appunto in stile ELP.

Death Dies: questa volta vediamo sedere dietro le pelli Agostino Marangolo mentre, dietro ai tasti bianchi e neri del pianoforte, il fratello Antonio (lo ritroveremo come sassofonista e polistrumentista nel gruppo di Francesco Guccini).

Il brano è serrato con un ritmo e delle sonorità tipicamente jazz prog, brano che mi ha fatto ricordare non poco gli Area, e non lascia scampo fino a circa il quarto minuto quando si ode quello che potrebbe essere un battito cardiaco, ma anche dei passi, sempre più fievole che poi si spegne.

Mad Puppet: l’orchestra di Gaslini si fonde con la folle psichedelia di Simonetti sempre profondamente ispirato dal grande Keith Emerson.

Dopo circa due minuti folli si torna alla normalità con la coinvolgente linea di basso di Pignatelli che domina la scena della canzone per tutta la durata del brano mentre sotto possiamo udire gli echi di synth e dei piatti della batteria di Walter Martino. Ritorna anche qui il battito di prima, inquietante come pochi.

Wild Session: un brano spettrale ed inquietante che vi farà riecheggiare un urlo agghiacciante nel cervello. Bellissima ed efficace l’alternanza, e la conseguente cavalcata progressiva, tra i giri di Simonetti ed il resto della band.

Prima il giro è pulito, ma poi i synth si innalzano fino al cielo con le loro distorsioni inserendosi alla perfezione nel gioco ritmico di Pignatelli e Martino. Il sassofono finale poi dà un tocco in più rendendo il brano ancora più coinvolgente e, per l’appunto, wild.

School at Night: una sorta di macabro carillon tesse l’inquietante nenia iniziale della pellicola, esiste anche la versione in cui canta una voce bianca, uno dei due momenti di tregua del disco.

Gianna: brano decisamente più sognante, tranquillo ed a tratti fiabesco dedicato appunto al personaggio della giornalista Gianna Brezzi interpretata da Daria Nicolodi, all’epoca compagna di Dario Argento. Una conclusione inaspettata viste le atmosfere precedenti, ma comunque molto piacevole ed azzeccata.

 

Giudizio sintetico: un capolavoro, un esordio con i fiocchi che lancia i Goblin nel mondo della musica e delle colonne sonore

Copertina: una copertina rossa, per l’appunto, con in alto a sinistra una sorta di strappo dove fa capolino un occhio. Torreggia inoltre la scritta Colonna sonora originale del film Profondo Rosso e sotto il nome Goblin, il piccolo diavolo che suona il violino arriverà con il successivo Roller del 1976.

Etichetta: Cinevox

Line up: Claudio Simonetti (organo, sintetizzatori e tastiere), Massimo Morante (chitarra acustica ed elettrica), Fabio Pignatelli (basso), Walter Martino (batteria), Agostino Marangolo (batteria), Antonio Marangolo (batteria) e Giorgio Gaslini (orchestra)

 

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Tags: Vanni Versini, Genesis, Profondo rosso, Francesco Guccini, Claudio Simonetti, Yes, Massimo Morante, Emerson, Agostino Marangolo, Dario Argento, Antonio Marangolo, Area, Fabio Pignatelli, Banco del Mutuo Soccorso, ELP, Prog Rock, Oliver, Pink Floyd, Keith Emerson, Wish You Were Here, Lake & Palmer, The Dark Side of the Moon
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