In primo piano

Phil Spector. Il tragico epilogo di un genio

Questa è una storia molto complicata, una storia che nasconde tra gli angoli delle sue pagine, sfuggenti profili di figure del passato, anime che di vita in vita si ripropongono, ricche di abilità, di talento, e purtroppo anche di situazioni irrisolte e brutti debiti, in parte, ereditati dal passato.

“Qualunque sia la tua età, la gioia é mescolata al dolore: rimani fedele alla gioia e con coraggio sii pronto al dolore”, stava scritto nell’epigrafe che introduceva la prima edizione delle “Davidsbündlertänze, 18 pezzi per pianoforte scritti da Robert Schumann, celebre compositore tedesco di musica romantica.

Visse una vita non proprio felice. Un tentativo di suicidio, un ricovero in manicomio, problemi mentali e fisici che lo portarono gradualmente ad una morte prematura, sopraggiunta a soli 46 anni. Due anime diverse che convivono in una stessa personalità artistica pur perseguendo uno stesso ideale, due momenti distinti ma non così diversi.

Cent’anni di storia che attraversano quella meravigliosa atmosfera creata dal romanticismo ottocentesco fino a raggiungere un così diverso periodo, quello del giovane Harvey Philip “Phil” Spector, che nasce a New York il 26 dicembre del 1939.    

Phil Spector, che attualmente si trova nel carcere di Corcoran in California, è un altro esempio di grande artista dotato di un talento eccezionale, purtroppo costretto dalle punte del proprio carattere e da una instabilità mentale pericolosa per sé e per gli altri, a vivere una vita al di fuori di ogni regola. Spector, ad oggi ottantenne, nasce nel Bronx a New York, e fin da piccolo è costretto a fare i conti con bulli di quartiere che lo prendono di mira per il suo modo di fare sfuggente e perché non è certo in grado di difendersi, per via di un fisico non particolarmente robusto.

La felicità della sua infanzia viene minata anche dalla morte prematura di suo padre, suicidatosi nel 1949 quando lui aveva appena 10 anni, e da un cambio di casa, quando sua madre decide di trasferire la famiglia da New York a Los Angeles.

È proprio in California che Phil Spector impara a suonare la chitarra, comincia a comporre, fonda il gruppo  The Teddy Bears, ed inizia a frequentare gli studi di registrazione ed alcuni dei più famosi produttori dell’epoca, tra cui Stan Ross dei Gold Star Studios di Hollywood.

Spector riesce a fare tutto e impara velocemente ogni cosa.

Nel 1958 scrive la canzone “To Know Him Is to Love Him” che diventa un successo globale. Il brano rimane nella “Billboard Hot 100” per 23 settimane, nella Top Tenper 11 settimane e conquista la posizione numero 1 in classifica per tre settimane vendendo oltre due milioni e mezzo di copie.

A soli 19 anni, Spector scrive, arrangia, suona, canta e produce il disco più venduto negli U.S.A.

Dopo il grande successo internazionale con i suoi The Teddy Bears continua a lavorare nel mondo musicale principalmente come produttore e arrangiatore, anche se in certi casi, a sorpresa, scopriamo il suo nome tra quello dei musicisti turnisti di album famosi accanto a John Lennon o ai Rolling Stones, oppure in veste di attore nel cast del film simbolo Easy Rider del 1969 nel quale rappresenta “Connection” il trafficante di droga, quello con i Ray-Ban gialli.

Ma Phil Spector, già dai primi anni sessanta, diventa soprattutto un famosissimo arrangiatore con l’invenzione della tecnica cosiddetta “Wall of Sound” (in italiano muro di suono), una sorta di approccio wagneriano al rock ’n’ roll, un effetto fitto di strumenti solisti suonati contemporaneamente da molti musicisti insieme, che costituivano vere e proprie parti orchestrali in stile classico.

Nascono così le sue più prestigiose collaborazioni con artisti del calibro dei Beatles Rolling Stones, Tina Turner, Leonard Cohen, Ramones, John Lennon, George Harrison, Cher, solo per citarne alcuni.

Phil Spector, è anche famoso per aver fatto infuriare Paul McCartney firmando l’arrangiamento di “The long and winding road” una sua bellissima canzone presente nel celeberrimo album “Let it be” dei Beatles. La canzone insieme ad altre comporrà la colonna sonora del film documentario Let it be, colonna sonora che vinse l’Oscar nel 1971.

A quanto pare, McCartney desiderava per il suo capolavoro un arrangiamento più minimalista al contrario di John Lennon e George Harrison ai quali piaceva molto così. Spector continuò a lavorare con Lennon e Harrison anche dopo lo scioglimento dei Beatles, fino a divenire amico fraterno di Lennon.

Ma come spesso accade in questi casi, la vita privata non procede bene come quella professionale. Phil Spector è da sempre conosciuto come una persona strana ed imprevedibile.

Amante delle armi di grosso calibro, si dice minacciasse spesso i suoi collaboratori mostrando grossi revolver. La sua prima moglie Veronica “Ronnie” Bennett, cantante delle Ronettes sembra fosse terrorizzata dalle reazioni del marito spesso in preda ad un delirio ossessivo causato da una gelosia patologica.

Sempre Spector nel 1973 mentre lavorava insieme a John Lennon alla raccolta di cover classiche Rock’n’Roll (pubblicata nel 1975) si dice giocherellasse con una pistola carica facendo poi partire un colpo verso il soffitto dello studio di registrazione che rischiò di danneggiare l’udito di entrambi e di ferire gravemente qualcuno.

L’anno successivo, fu coinvolto in un terribile incidente stradale, a causa del quale rimase in coma per molti giorni riportando numerose ferite alla testa. Se era strano prima, dopo l’incidente lo divenne ancora di più. Sembra fosse sempre più aggressivo e minaccioso.

Il 3 febbraio 2003 la quarantenne modella e attrice statunitense Lana Clarkson che aveva seguito Spector fino a casa sua, viene trovata morta nella sua casa uccisa da un colpo di pistola. L’artista statunitense dichiarò che si era trattato di un incidente, ma non fu creduto dai giudici che successivamente lo condannarono a 19 anni di pena detentiva da scontarsi fino al 2028.

È il tragico epilogo di un genio.

   Carlo Zannetti – Onda Musicale 

— Onda Musicale

Tags: Paul McCartney, George Harrison, Phil Spector, Carlo Zannetti, John Lennon, Leonard Cohen
Sponsorizzato
Leggi anche
“Stonedhenge”: i Ten Years After alla vigilia del grande successo
Quel bacio lesbo che stupì il mondo: ecco che fine hanno fatto le t.A.T.u