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Un disco per il week end: “Jazz” dei Queen

Siamo nell’Inghilterra di fine anni ’70 ed i Queen, capitanati dal mitico Freddie Mercury, sono ancora ebbri del successo dei precedenti News of the World (1977), A Day at the Races (1976) e A Night at the Opera (1975), ma come avrebbero detto tra qualche anno the show must go on.

Costretti dalle case produttrici a pubblicare un disco, e che disco, all’anno i Queen sfornano il disco per questo fine settimana, Jazz, nel 1978.

Oggi vorrei parlarvi di questo disco perché, ogni volta che discutevo dei Queen, il nome di questo album non saltava mai fuori eppure è pieno di belle canzoni ed alcune hit non da poco. Diamo dunque un’occhiata alle tracce che compongono il disco:

 

Mustapha: una sorta di preghiera in cui la voce di Mercury sembra più quella di un’invocazione al cielo cantata che una canzone in tutto e per tutto.

Altro particolare interessante, oltre al sapore jazz, è l’uso misto di persiano, natio inglese e qualche parola inventata. Particolarmente interessante come inizio di un album.

Fat Bottomed Girls: coro iniziale ed inizio rockeggiante per uno scanzonato pezzo scritto da May in onore di qualche groupie “col sedere grosso” come dice lo stesso titolo.

Molto interessante, e d’effetto, l’intreccio vocale tra Mercury e May che condisce il tutto con la sua chitarra blueseggiante. Non va scordata la scatenata batteria di Taylor le cui rullate evidenziano benissimo i momenti più ritmati del brano assieme al basso di Deacon.

Jealosy: La gelosia è un mostro dagli occhi verdi che dileggia la carne di cui si nutre scriveva qualche secolo fa il Bardo, William Shakespeare, ed i Queen cantano il concetto a modo loro.

Il pezzo presenta uno stacco, dal rock di prima, alla melanconica ballata al piano suonato da Mercury e dove la chitarra di May si trasforma in un sitar.

Bicycle Race: una delle canzoni più iconiche del disco caratterizzata per il suo canto a cappella e per il disprezzo di Mercury per Star Wars, Frankenstein, Peter Pan e Superman.

L’unica cosa che importa è andare in bici, non per niente l’ispirazione venne a Mercury mentre stava guardando una tappa del Tour de France, e null’altro.

Peculiarità ulteriore, oltre ai campanelli di bicicletta che anticipano l’assolo di May, è il video con più di cinquanta ragazze nude in bicicletta presso il Wimbledon Greyhound Stadium. Inutile parlare della censura che venne applicata anche alla vincitrice di questa particolare corsa.

If You Can’t Beat Them: se non puoi batterli unisciti a loro, recita l’adagio ed il ritornello di questa rockeggiante canzone scritta dal tranquillo bassista John Deacon. Imperdibili poi, sono i cori retti dall’accoppiata Taylor – May.

Let Me Entertain You: qui viene evidenziato il lato più trasgressivo e goliardico della band e dello stesso rock n’ roll dove vengono citati i colossi discografici Electra ed EMI al pari di Colazione da Tiffany.

Dead on Time: pezzo lanciato a mille come una macchina in autostrada dove la parlantina di Mercury si erge sul tappeto sonoro intrecciato da Deacon, May e Taylor che si sbizzarriscono anche nei cori del ritornello fino al tragico finale.

In Only Seven Days: stesso discorso di poche canzoni fa, dopo un attacco rock si torna ad atmosfere più intime e tranquille per non dire malinconiche. La canzone, sorretta da piano, chitarra acustica e solitari parti di basso e batteria, parla di un incontro in vacanza.

Lei è bella e sorridente e finalmente si parlano. Purtroppo la settimana di vacanza è già agli sgoccioli e bisogna tornare da soli a casa.

Dreamer’s Ball: sia gli strumenti che le voci ed il ritmo sembrano uscire da una vecchia radio degli anni ’50 accesa in una pigra domenica. Decisamente particolare ed inaspettata se guardiamo le atmosfere precedenti delle altre tracce dell’album.

Fun It: pezzo dal sapore più anni ’80 ed introdotto, alla batteria ed alla voce, da Roger Taylor che viene subito raggiunto dal mitico Freddie Mercury e dal suo indiscutibile carisma.

Leaving Home Ain’t Easy: atmosfere, nuovamente, più rilassate ed acustiche per questa tenera canzone. Canzone che possiamo interpretare come l’insieme di tutte quelle che cose che non vogliamo fare, ma sono da adulti e comunque vanno fatte anche non è facile.

Don’t Stop Me Now: tra le canzoni più famosi del disco e della band in cui si parla del vivere sfrenato in ogni sua forma. Non credo proprio che abbia bisogno di alcuna presentazione!

More of That Jazz: è la canzone conclusiva del disco cantata da Taylor. Particolare e forse insolita anche perché contiene degli spezzoni dei brani ascoltati in precedenza. Dateci un’ascoltata per credere.

 

Giudizio sintetico: non sarà di certo tra i capolavori del famosissimo combo britannico, ma merita comunque ben più di un ascolto disattento

Copertina: curiose spirali ipnotiche con le cicliste stilizzate in miniatura poste in basso ed il nome della band, ripreso più volte, posto in alto

Etichetta: EMI

Line up: Freddie Mercury (voce e pianoforte), Brian May (chitarre e voce), John Deacon (basso e chitarra) e Roger Taylor (batteria, percussioni e voce)

 

Vanni Versini – Onda Musicale

— Onda Musicale

Tags: William Shakespeare, Vanni Versini, A Night at the Opera, Star Wars, Queen, Freddie Mercury, Brian May, Roger Taylor, John Deacon, Jazz
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