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La prima volta dei Beatles: “Let it be” e “Let it be… naked”

Siamo giunti al termine del nostro viaggio all’insegna della domanda “Com’era negli anni ’60 sentire gli album dei Beatles da zero?”

Abbiamo ascoltato per voi integralmente gli album dei Fab four come se fosse la prima volta, senza preconcetti. Queste le recensioni di “Let it be” e “Let it be… naked”.

Let it be

Non si può commentare quest’album senza spiegare come sia nato. Nel 1969 Paul McCartney voleva realizzare un documentario che filmasse il lavoro dei Beatles in studio, da cui ricavare un disco che avesse un suono “in studio dal vivo”. Il risultato però non soddisfò i quattro, che decisero di abbandonare il materiale. Nel 1970, dopo lo scioglimento del gruppo, John Lennon e il produttore Phil Spector rimaneggiarono quelle tracce e ne ricavarono l’album.

“Let it be” è quindi un disco molto strano, con dei brani che suonano come delle sessions, con tanto di voci di studio prima e dopo i pezzi (es: Get back), ai quali il produttore ha aggiunto le musiche risuonate da un’orchestra (es: The long and winding road), sopra le quali John e Paul cantano con la qualità infedele di un live (es: Across the universe).

“Let it be” è quindi un brutto album, composto però da bellissime canzoni. Se si riesce ad isolare quanto scritto sopra dai pezzi, ci si accorge che le capacità compositive ed esecutive dei quattro in quest’album sono altissime. Brani come Two of us, Dig a pony, I me mine e I’ve got a feeling sono stupendi. Peccato che della canzone Dig it, originariamente lunga 12 minuti, sia stato inserito solo un pezzo centrale da 50 secondi. Anche la classica Maggie Mae è troppo breve.

Brano consigliato dall’album: I me mine.

Let it be… naked

Ok, quest’album non è uscito negli anni ’60, ma in quel decennio le canzoni sono state registrate. Paul McCartney aveva mal sopportato la produzione e soprattutto gli arrangiamenti di Phil Spector ai nastri di “Let it be”, pertanto quando ne ha avuto la possibilità (nel 2003) ha fatto uscire l’album rispettando lo spirito con cui i brani erano stati incisi e l’idea originale del disco.

Sentire il suono di quelle canzoni come erano state concepite, e non coperte dai suoni voluti da Phil Spector è emozionante. Abituato alle classiche The long and winding road e Across the universe oscurate da suoni, cori e archi, ascoltarne la versione ripulita è addirittura commovente.

Brano consigliato dall’album: The long and winding road (versione “naked”).

Non recensisco “Past Masters”, le compilation “rossa” e “blu”, “Live at the BBC”, “Anthology”, “Yellow submarine songtrack”, “1” e “Love” perché si tratta solo di raccolte.

Leggi anche le recensioni di:

“Please please me”, “With the Beatles” e “A hard day’s night”
“Beatles for sale”, “Help!” e “Rubber Soul”
“Revolver”, “Sgt. Pepper Lonely Hearts Club Band” e “Magical Mistery Tour”
The Beatles (White  Album), “Yellow Submarine” e “Abbey Road”

 

— Onda Musicale

Tags: The Beatles, Let It Be
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