In primo piano

Led Zeppelin: ecco come iniziò il volo del dirigibile

La storia dei Led Zeppelin è una storia di trionfi, stadi pieni e dell’intuizione che diede vita a un rock che mai era stato così pesante.

Solo qua e là punteggiata di inconvenienti – il famoso incidente stradale di Robert Plant – fino al tragico epilogo, con la morte di John “Bonzo” Bonham che metterà la pietra tombale sulla loro favolosa storia.

Fin qui la storia più nota della band, quella che ancora oggi fa scorrere fiumi d’inchiostro e litigare i fan nei gruppi Facebook; eppure molte curiosità, chicche per collezionisti e vicende semisconosciute popolano quei pochi mesi che cambiarono la vita dei quattro componenti della band: quelli che corrono tra la fine degli Yardbirds e la nascita dei Led Zeppelin veri e propri.

Gli Yardbirds erano stati tra i pionieri prima del blues revival inglese e poi di una sorta di beat pesante – heavy beat sound lo chiamarono – fin dagli esordi nella prima metà dei sessanta; la band era, in quegli anni di turbinosi avvicendamenti, già una giovane vecchia gloria, celebre soprattutto per aver dato i natali alle carriere di Eric Clapton – il dio indiscusso della chitarra blues – e di Jeff Beck, che da poco si era messo in proprio. Un terzo chitarrista era ora al timone del gruppo, il più introverso dei tre ma anche lui grande tecnico e innovatore della sei corde, Jimmy Page.

Page era allora un turnista molto ricercato, tanto da essere tra i pochi che riusciva a mantenersi piuttosto bene economicamente suonando, e all’inizio era entrato nella band come bassista, lasciando la chitarra al più affermato Jeff Beck; a pensarci ora, che grande possibilità sarebbe stata quella di realizzare una band con Beck e Page contemporaneamente, ma la magia dura poco e – il tempo della comparsata di culto in Blow Up di Michelangelo Antonioni – all’inizio del 1968 gli Yardbirds sono un gruppo quasi allo sbando. Se in studio le discutibili intuizioni del manager Mickie Most indirizzano la band verso uno scialbo pop da classifica, che però in classifica non va, dal vivo Jimmy Page inizia a sperimentare nuove e più pesanti soluzioni che gli girano in mente da un po’. Relf e McCarty sono infatti presi da loro progetti che finiranno in bolle di sapone, mentre il bassista Chris Dreja è sempre più distratto dalla carriera di fotografo.

UNITED KINGDOM – DECEMBER 01: Photo of LED ZEPPELIN posed on a Jaguar car in London in December 1968. Left to right: John Paul Jones, Jimmy Page, Robert Plant and John Bonham.(Photo by Dick Barnatt/Redferns)

C’è ancora una serie di impegni già presi per suonare dal vivo, tra Gran Bretagna e Stati Uniti, ma è chiaro che una volta liberi da contratti già in essere il gruppo si scioglierà. In un’atmosfera così depressa, tuttavia, gli Yardbirds sul palco sfoggiano ancora una bella energia, soprattutto grazie a Page e ai suoi trattamenti – ben poco pop – dei cavalli di battaglia e di pezzi più sperimentali. Di alcune prestazioni di questo periodo rimangono confuse testimonianze tra live usciti e poi ritirati, bootleg e rarità vere e proprie. Facendo un po’ d’ordine, oltre a vecchi pezzi rivitalizzati, si possono già ascoltare I’m Confused, scippata a Jake Holmes e pronta a diventare la mitica Dazed And Confused dei Led Zeppellin; White Summer contiene i prodromi di Black Mountain Side e in una misteriosa Knowing That I’m Losing You – registrata in studio a New York – si possono rintracciare addirittura tracce di quella Tangerine che troverà la sua definizione solo in Led Zeppelin III.

Fatto sta che Jimmy Page rimane solo e, per fortuna, decide che la fine degli Yardbirds non sarà così triste; si mette alla ricerca di nuovi musicisti per quelli che per adesso – nella sua testa – sono i New Yardbirds. Le reti del destino sono pronte a chiudersi quando Jimmy pensa di affidare le parti vocali a un giovane sulla cresta dell’onda, Terry Reid. Il ragazzo, cantante e chitarrista, pare lanciato come frontman in un progetto che finirà quasi nel nulla, e così rifiuta; l’anno dopo, a testimonianza di una lungimiranza non proprio felice, rifiuterà anche il posto come voce dei Deep Purple. Reid però fa un nome a Jimmy Page, quello di un cantante a cui tutti riconoscono incredibili doti vocali e soprattutto carismatiche: Robert Plant. Il primo impatto tra i due non è semplice, Page non lo sopporta; la scoperta della comune passione per il blues e qualche giorno condiviso ad ascoltare pile di classici del Delta, sciolgono la tensione.

Robert Plant ha abbandonato casa a soli 17 anni: i suoi non vedevano di buon occhio la sua passione per il rock. Aveva militato in una serie di gruppi, dalla Band Of Joy ai New Memphis Bluesbreakers e i Black Snake Moan, dai The Crawling King Snakes ai Listen – coi quali realizza le prime incisioni – fino a un duo col pioniere del blues Alexis Korner. Quando conosce Page ha realizzato a suo nome un solo singolo – Our Song – versione de La Nostra Canzone, successo italiano di Umberto Bindi.

Plant decide di seguire Page nella nuova avventura e propone un batterista che subito conquista il chitarrista con la sua potenza dietro le pelli: John Bonham, che allora non è ancora diventato “Bonzo”. Per il basso Jimmy Page si ricorda di un bravo polistrumentista conosciuto lavorando come turnista, John Paul Jones. Basso, tastiere, mandolino e qualsiasi strumento abbia tasti e corde, Jones sa suonare praticamente tutto.

Il dirigibile, ancora col nome di New Yardbirds, è pronto al decollo, ma ci sono ancora alcune pendenze da sistemare. Jones, per esempio, aveva accettato di suonare nel disco di P.J. Proby, vecchio pirata del rock inglese. Così l’anonimo Three Week Hero finisce per entrare nella storia come prima incisione dei futuri Led Zeppelin; basta ascoltare la sontuosa Jim’s Blues, con la band schierata in assetto di guerra. Plant suona l’armonica, mentre Page alla slide e la poderosa sezione ritmica mettono in scena un blues che è già pronto per rivoluzionare il rock. Qualche mese dopo You Shook Me suonerà praticamente in modo identico nel primo lavoro degli Zeppelin.

C’è anche un tour per cui gli Yardbirds si erano impegnati in Scandinavia. Il 7 settembre del 1968, a Copenhagen, c’è l’esordio live della band. A fine tour, finalmente i quattro scalpitanti ragazzi possono chiudersi in studio e registrare le loro innovative idee. Non hanno un contratto ed è Page a investire i suoi risparmi per lo studio di registrazione; il chitarrista opta per questa scelta anche per avere il controllo assoluto del suono, senza produttori tra i piedi che possano mettergli i bastoni tra le ruote: l’esperienza con le assurde pretese di Mickie Most è ancora fresca.

Millesettecentoottantadue pounds, tanto sborsa di tasca propria Jimmy per le trenta ore di registrazione con cui si recherà alla Atlantic col manager Peter Grant.

Come siano andate poi le cose lo sappiamo tutti e il volo del “fottuto dirigibile di piombo” – dalla felice intuizione del vulcanico Keith Moon deriverà il nome – da allora si leverà sicuro, per infrangersi solo con la morte di “Bonzo”.

O forse no, se è vero che ancora oggi legioni di fan e di band che hanno mandato a memoria la lezione mantengono viva la propulsione del dirigibile più amato del rock.

— Onda Musicale

Tags: Yardbirds, John Paul Jones, Deep Purple, Eric Clapton, Led Zeppelin, Jeff Beck, Robert Plant, John Bonham, Jimmy Page, Turnista, Keith Moon
Sponsorizzato
Leggi anche
George Harrison: “All Things Must Pass”
Roger Waters: sei anni fa la cittadinanza onoraria ad Anzio in memoria di suo padre Eric Fletcher Waters