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L’underground dei Velvet Underground: parte II

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Nell'articolo precedente (leggi qui) abbiamo lasciato i Velvet Underground nella fase quartetto, appena notato dall'artista visionario Andy Warhol. Affascinato dall'originalità e sperimentazione della band, l'icona della pop art divenne in breve il loro manager facendo salire i Velvet nel carrozzone della sua Factory.

Warhol era un personaggio strano, alternativo, che amava attorniarsi di individui alle soglie della normalità e legalità. Il suo entourage di attori e ballerini era composto da sbandati, prostitute, drag queens, drogati e diseredati, tutti provenienti dai bassifondi di New York. Un mondo policromo e difficile da cui traggono spunto i testi di Lou Reed.

Fu sempre Warhol ad affiancare ai quattro musicisti la figura misteriosa di Nico, modella, attrice e cantante tedesca, all'anagrafe Christa Paffgen, sbarcata negli States al seguito del compagno Brian Jones, chitarrista dei Rolling Stones. Sebbene all'inizio dovesse risultare come una figura d'abbellimento e di contorno alla band, la new entry divenne simbolo e icona del gruppo stesso, sebbene da questo mai completamente accettata.

Alta e bionda, gelida e distante, dalla voce dai toni insolitamente grevi, incarnava la dama spettrale e misteriosa di un'Europa del passato. Andava così ad aggiungersi al già eterogeneo mix dei Velvet Underground, ora assestati nella line up a cinque con Reed (alla chitarra e voce) e il suo iper realismo metropolitano, John Cale (tastiere e viola elettrica) e la musica d'avanguardia, il rock&roll di Sterling Morrison, alla chitarra, e il primitivismo alle pelli della batterista Maureen 'Moe' Tucker.

I Velvet con Nico debuttarono agli inizi del 1966 al Cinematheque di New York per poi partire in tournée con gli artisti dell'incredibile show multimediale di Warhol, l'Exploding Plastic Inevitable, che, in un lunghissimo tour, si esibì nella principali città della East Coast fino a raggiungere il Canada.

Dello spettacolo, un misto di pop-art, psichedelia e cultura underground, fecero parte molti artisti di tendenza di Hollywood e Los Angeles dell'epoca, come Jim Morrison, per esempio, mentre il solo Frank Zappa rifiutò.

Lo show comprendeva luci stroboscopiche, filmati in bianco e nero passati sotto filtri colorati e proiezioni dei dipinti di Warhol, musicati dai Velvet Underground, mentre una schiera di attori e ballerini sfilavano nelle miese più provocatorie, con stivali di pelle, fruste, siringhe e croci di legno. Le tematiche dei testi di Reed ricalcavano l'atmosfera decadente e oltraggiosa dello spettacolo parlando di depravazioni sessuali, abusi di droghe, morte, solitudine e alienazione urbana.

Come si notava nell'articolo precedente, niente di più lontano dalla musica di protesta civile e sociale portata avanti dai giovani rivoluzionari dell'epoca.

Anche la musica stessa del gruppo differiva dagli standard dei suoi tempi, dando ampio spazio alla ricerca sonora, introducendo i feedback, i suoni distorti, l'improvvisazione del free-jazz e tutta una serie di ispirazioni provenienti dalla musica di tradizioni esotiche. Introducono i ritmi tribali dei nativi americani e della tradizione africana, le scale medio orientali, nonché i raga e i mantra della musica indiana.

I Velvet Underground furono la prima band a concepire la musica rock come espressione artistica fine a sé stessa, lontana dalla ricerca del successo a tutti i costi, libero atto creativo per esprimere emozioni, seppur nel loro caso negative e pesanti, frutto della frustrazione e disagio di una generazione nata e cresciuta negli ambienti più cupi di New York.

E' dello stesso anno l'album di debutto della band, The Velvet Underground & Nico (registrato nel '66 ma pubblicato solo un anno dopo) meglio conosciuto come il "Banana Album" per via dell'immagine fallica, simbolo prediletto da Warhol, che campeggia nella sua copertina.

Anche chi non è addentro alla discografia della band, riconoscerà immediatamente molti dei suoi brani, divenuti nel tempo delle vere e proprie icone musicali, coverizzate da svariate band e spesso usate come colonne sonore di spot pubblicitari. Parliamo di Sunday Morning, Venus in Furs, All tomorrow's Parties, Heroin

Eppure, sebbene il nome dei Velvet Underground non fosse del tutto sconosciuto per via della sua associazione ad Andy Warhol, il disco non conobbe il successo di massa, raggiungendo soltanto la posizione 171 nella classifica nazionale.

Del resto è da contestualizzare il tutto: siamo all'apice del rock psichedelico che furoreggiava tra i giovani e le radio underground stavano appena iniziando a comparire. Sebbene la metà degli anni '60, fino al termine del decennio, furono caratterizzati dalla sperimentazione, i tratti innovativi dei Velvet andavano oltre.

All'epoca vennero apprezzati soltanto da un pubblico colto di nicchia e da una parte della critica musicale e riconosciuti per il loro reale valore artistico soltanto nei decenni a venire.

Gli elementi di musica avant-garde introdotti nel rock e le tematiche scottanti come le perversioni sessuali, erano troppo anche per i giovani dell'epoca. I Velvet erano indubbiamente più avanti dei loro tempi ed è per questo che il valore di quest'album fu apprezzato soltanto postumo, a partire dagli anni '80; attualmente viene considerato come un classico del rock.

A seguito quindi di una serie di serate a teatri vuoti, Warhol si ritira dal timone della band portando via con sé anche la femme fatale Nico, che intraprende una carriera da solista. Nuovamente in quattro, i Velvet si scatenano con le loro ricerche sperimentali pubblicando nel 1967 White Light, White Heat, album caratterizzato da cacofonia e minimalismo a discapito della melodia mentre, praticamente ripudiati da New York, si trasferiscono a Boston.

I nomi nuovi che subentrano nella cerchia della band sono il produttore Tom Wilson e lo spavaldo manager Steve Sesnick che fallì clamorosamente nel suo tentativo di far superare al gruppo il successo dei Beatles stessi, come amava ripetutamente affermare.

Iniziano le prime crepe all'interno della band, con Reed che spinge verso lidi più commerciali e Cale che insiste nelle sue sperimentazioni. Alla fine si giunse a una dolorosa separazione e il bassista gallese venne sostituito da Doug Yule, chitarrista dei Grass Menagerie, band di Boston che aveva aperto più volte i live dei Velvet stessi.

Con questa formazione esce nel 1968 il terzo album dei quattro, quello che porta il loro nome. The Velvet Underground è un disco molto più morbido, dove si riconosce la sola influenza di Reed. Sia strumentalmente che a livello compositivo, è come ci trovassimo di fronte a un'altra band. Niente sperimentazioni, abbandonati cacofonia, feedback e distorsioni a palla a favore di suoni più morbidi e quasi folk(pare frutto di un furto della strumentazione elettrica durante una tappa di un tour) e riappropriazione della forma canzone.

I Velvet non sono indubbiamente più il gruppo di prima ma la band di supporto di Lou Reed solista ed è quasi un controsenso che proprio quest'album porti come titolo il solo nome della band… molti di questi brani sono pezzi comunque notevoli, sebbene da un punto di vista diverso, a dimostrazione del valore di Reed compositore. Ballad dolci e struggenti come Pale Blu Eyese Candy Sayso il blues di Some Kinda Love, anticipano la prima carriera del Lou Reed cantautore: una svoltastilistica che andrà ad influenzare la musica Indie delle generazioni a venire.

Ma è dell'ultima parte della carriera della band che dobbiamo ancora parlare nonché del lascito artistico e dell'influenza indiscussa che i Velvet Underground lasciarono alla musica punk, new wave e a gran parte del rock a venire. Occasione, quindi, per reincontrarci al prossimo articolo...

 

Andy Warhol -Exploding Plastic Inevitable https://www.youtube.com/watch?v=HsR4ghMfq0U

"Sunday Morning" https://www.youtube.com/watch?v=3qK82JvRY5s

"Heroin" https://www.youtube.com/watch?v=WZseqKBMq4c

 

Giusy Locatelli (Onda Musicale)

 

— Onda Musicale

Tags: The Rolling Stones/Lou Reed/Brian Jones/Velvet Underground/John Cale/Andy Warhol/Giusy Locatelli/Nico
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