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Pink Floyd: ricordate il concerto di Venezia? Abbiamo intervistato l’organizzatore

Il concerto dei Pink Floyd a Venezia si è svolto il 15 luglio del 1989 e verrà ricordato, oltre che per i grandi contenuti artistici e musicali, anche per la coda di polemiche seguite all’evento. (leggi l’articolo)

Ma proviamo a fare un breve racconto della giornata. Sono le otto del mattino e mancano 13 ore all’inizio del concerto. In Piazza San Marco ci sono già cinquemila persone accampate e gli abitanti di Venezia non gradiscono affatto la loro presenza. L’evento è stato organizzata dal veneziano di adozione Fran Tomasi e una parte dell’amministrazione comunale è stata da subito contraria all’evento. Cosi come gran parte dei veneziani che hanno cercato di impedire il concerto fino all’ultimo, ottenendo perlomeno una riduzione dei decibel.

Tuttavia, uno degli errori più evidenti è stato non considerare che, se proponi gratuitamente, in una città magica come Venezia, il concerto della più grande rock band di tutti i tempi, probabilmente devi organizzare le cose nel miglior modo possibile. E così non è stato. Su questo argomento i Pitura Freska, reggae band lagunare degli anni 90, hanno scritto uno dei loro pezzi più famosi proprio su quella giornata, vissuta da veneziani. (leggi l’articolo)

Alle 17 la piazza è piena e ancora devono arrivare i treni speciali partiti  dalle principali città italiane. Alle 19 la piazza viene chiusa: se esci non rientri più. Non è presente nemmeno una gabinetto pubblico e quindi le persone presenti (alla fine si stima oltre 200.000), molte da parecchie ore e sotto il sole, sono costrette a “farla dove capita“. Ricordiamo che è piena estate, che c’è il sole e che le gente, per idratarsi correttamente, beve molti liquidi.

Nessuno ha preparato transenne e non è stato predisposto alcun servizio d’ordine. La forza pubblica arriva solo nel pomeriggio ed ha però solo il compito di sedare eventuali intemperanze. Gli esercizi pubblici negano l’utilizzo dei propri servizi se non previa consumazione che, in molti casi, è maggiorata di parecchio. Finalmente inizia il concerto, ma a causa dell’abbassamento dei decibel, a terra non si sente quasi nulla. Lo spettacolo visivo è magnifico ma la musica si sente a mala pena.

Il palco è messo in modo leggermente obliquo rispetto alla piazza, a favore delle telecamere. Sotto il palco una quantità enorme di gondole, motoscafi e imbarcazioni di ogni genere. I laser illuminano la laguna e la piazza. Il colpo d’occhio è magnificamente suggestivo. Il concerto scivola via veloce (durerà solo 90 minuti per esigenze televisive) e si conclude con  “Comfortably Numb” e il suo lunghissimo assolo di chitarra eseguito magistralmente da David Gilmour seguita  dalla spettacolare  “Run Like Hell” che chiude il concerto. A questo punto, per molti il problema è stato come uscire dalla piazza e come rientrare a casa. 

Piazza san Marco rimane svuotata dalla persone ma ricoperta da un disastro di bottiglie, sacchetti, rifiuti, bicchieri e molto altro. Letteralmente rimane un disastro. In tutti i canali intorno alla piazza si riversano migliaia di persone che devono urinare e, come detto, lo fanno dove capitava. Alla stazione ferroviaria la situazione non è tanto migliore e i treni sono talmente carichi di gente che alcune persone drvono separarsi fra loro pur di partire. Tutti i rifiuti venogno lasciati sul posto per due giorni, lasciando Venezia e i suoi abitanti in un incubo paradossale. Fran Tomasi è un organizzatore di eventi e nella sua lunga carriera ha portato in Italia i Rolling Stones, Lou Reed, Peter Gabriel, Bruce Springsteen  e Sting (in occasione dello “Human Right Now!”) e i Pink Floyd a Venezia nel 1989. Dopo esserci documentati sulle roventi polemiche successive allo storico evento da lui organizzato e su alcune vicende che lo hanno coinvolto, lo abbiamo contattato per ascoltare il suo punto di vista e lui ci ha concesso questa intervista esclusiva.

Francesco “Fran” Tomasi ha portato, negli anni, in Italia i Rolling Stones, Lou Reed, Sting, Bruce Springsteen e i Pink Floyd. Chi è adesso Fran Tommasi?

“La mia carriera è lunga circa 37 anni – ci racconta l’uomo – ed ho organizzato numerosi grandi eventi. Uno di questi, di cui sono particolarmente orgoglioso e di cui sono stato scelto come promotore, è stato “Human Rights Now!” con la partecipazione di Sting, Peter Gabriel e Bruce Springsteen. L’evento si è svolto nel 1988 in occasione del 40mo anniversario della costituzione delle Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, a favore di Amnetsty International. Adesso mi sono un pò defilato dal mondo della musica dal vivo. sia per stanchezza che per noia: non c’è più niente da inventare, nessuna sfida e nessuna idea nuova da proporre. Adesso secondo me si tratta di fare l’offerta maggiore all’agente di turno e vendere i biglietti. Costoro sono sempre più attenti al denaro che alla proposta musicale.Ma le ragioni principali sono due. La prima è la presenza di multinazionali nel mercato che rendono la competizione (per quanto riguarda i compensi) impossibile. La seconda è lo scandaloso fenomeno del Secondary Market (o ticket – NDR)  che, come abbiamo sentito e letto anche recentemente  – ci spiega Tomasi –  è spesso manovrato dalle stesse multinazionali. Dal mio punto di vista questo procura un vero e proprio danno alla musica dal vivo. Porta vantaggi solo ai gruppi musicali più popolari e più noti che, sottraendo al mercato la maggior parte dei fondi disponibili dei fans e dei giovani, riducono la possibilità di partecipazione a concerti ed eventi minori. Rendono quindi più difficile a questi ultimi la possibilità di affermarsi e di potere vivere del loro lavoro. Quello che intendo dire è che le band molto famose arricchiscono sempre di più, con enormi produzioni, e continuano a suonare negli stadi, nei palazzetti e nei club. Questo fatto io lo considero una specie di “metastasi” che invade e danneggia la musica dal vivo in generale e rende sempre più difficile l’emergere di tanti giovani talenti.”

Impossibile non farti una domanda sul fantastico concerto dei Pink Floyd a Venezia del luglio 1989. Raccontaci come è nata l’idea e le difficoltà nel realizzarla.

“I Pink Floyd nei loro tour hanno sempre richiesto e cerato di fare i loro concerti in spazi prestigiosi: il contenitore diventava parte della scenografia. All’epoca avevo il mio ufficio a Venezia e ci sembrava che Venezia, per la magia che ha,  potesse essere una location davvero speciale. Ma dove fare il concerto? Avendo in mente proprio la città e i suoi abitanti abbiamo pensato alla festa più popolare per i veneziani: la Festa del Redentore, nata come festeggiamento per la fine della peste e che si svolge ogni secondo sabato di luglio. La festa del Redentore è davvero l’unico evento realmente sentito dai veneziani i quali, già nel pomeriggio o verso sera, si riversano con le loro barche (che sono migliaia) di fronte a Piazza San Marco, con luci colorate, cibo e vino a volontà. Lì attendono l’inizio dei bellissimi fuochi di artificio. Già nel ‘700 alcuni musici allietavano i veneziani in attesa suonando su una piccola zattera in mare. In questo modo, con un briciolo di follia, ci siamo chiesti: perchè non riproponiamo questa tradizione facciamo suonare i Pink Floyd? Inizialmente abbiamo pensato alla punta estrema della Giudecca che si affaccia verso l’Isola di San Giorgio e San Marco , sede della Guardia di Finanza la quale ci avrebbe messo a disposizione un’area che però, dopo un’analisi tecnica, risultò troppo piccola e inadeguata. Abbiamo quindi ripreso l’idea della zattera. E’ stata un’impresa tecnica fra le più ardue che la mia organizzazione abbia mai affrontato (ma anche per quella dei Pink Floyd). Si trattava di bloccare il traffico delle navi, studiare la marea e le correnti, rendere stabile il palco e il mixer che era collegato con cavi sottomarini ad una profondità di 35 metri. Il lavoro è stato svolto da due ingegneri sub scozzesi che hanno anche ancorato sul fondo sabbioso del mare le zattere. Non è stato facile trovare zattere di quelle dimensioni. Ne servivano due: una per il palco che misurava 50 metri per 30 metri ed una seconda più piccola per le strutture di servizio, per il mixer da palco e per il mixer generale. Inutile dire che i Pink Floyd, come del resto noi, hanno accolto subito e con entusiasmo l’idea. La RAI ha proposto una diretta mondiale del concerto offrendo una notevole somma di denaro appena adeguata a coprire parte delle spese. Ritengo che il gruppo (i Pink Floyd – NDR) abbia integrato di tasca propria con una forte somma di denaro per rendere possibile l’evento. Tuttavia, il vero problema non è stato quello tecnico ma quello politico: la giunta veneziana aveva autorizzato il concerto con una ristretta maggioranza e le parti contrarie hanno “giocato contro” in tutti i modo fino a mettere a rischio l’incolumità del pubblico, impedendo l’utilizzo di gabinetti chimici in quanto, secondo loro, deturpavano la città e altri interventi di sicurezza. Non sari qui a parlare se non avessi fatto e rispettato tutte le prescrizioni della “speciale commissione di vigilanza”, composta da tecnici del comune, vigili del fuoco, prefettura, che per ogni concerto in spazi pubblici rilascia un permesso e pone delle condizioni che, se non rispettate, portano ad un reato penale. Infatti, a seguito di un’indagine della magistratura è stato appurato che l’organizzatore (cioè io) ha ottemperato rigorosamente a tutte le prescrizioni. Tuttavia nessuno ha mai indagato sull’unica prescrizione non rispettata. L’atto della commissione recitava: “l’AMIU con forze speciali dopo 2 ore dalla fine dei fuochi (che sono partiti un secondo dopo la fine del concerto, alle 23 in punto) dovrà intervenire con forze speciali a pulire la piazza e la città.” Il presidente dell’AMIU allora era Augusto Salvadori, che faceva parte della schiera di coloro che si erano opposti al concerto. Peccato che nessuno ne abbia parlato, tranne Tommaso Castali e un altro studente di Padova che hanno fatto la tesi di laurea sull’argomento. Nemmeno la stampa ha parlato di questo fatto la quale anzi ha “cavalcato” lo scandalo della sporcizia  e l’invasione dei giovani barbari. Ricordo la prima pagina del Gazzettino: “Mai più così“. Nessuno però ha davvero indagato sulla verità dei fatti, che dovrebbe essere il dovere di ogni giornalista. In questo modo uno dei 10 più importanti concerti della storia (così viene definito dalla stampa di settore) è stato rovinato da un politico che, oltre ad essere miope e che poco ama la sua città, è rimasto impunito del reato commesso.”

Se ce ne fosse la possibilità, lo organizzeresti ancora un evento come quello?

“Si lo rifarei, ma ponendo più attenzione alle dinamiche politiche. Ho sempre tenuto in mente una frase del grande Bill Graham (organizzatore di eventi tedesco dagli anni 60 fino agli anni 90): “La politica usa e abusa della musica rock…. che tu sia a favore o contrario si tratta sempre e solo di una scelta politica. In ogni caso riceve una attenzione dalla stampa”. A mia discolpa posso dire che sono stato ricoverato in ospedale a Bologna per una piccola embolia polmonare, fino a 48 ore prima del concerto.” “Avvertivo la tensione in atto, ma non la sua grande dimensione e, in ogni caso, potevo fare ben poco.”

Raccontaci qualche aneddoto riguardo l’aspetto organizzativo di quell’evento a Venezia

“Come saprai il palco è stato montato su una zatterona ormeggiata su una banchina di Santa Marta e trasportato il giorno prima di fronte a San Marco. Quindi devo dire che alla fine, dal punto di vista tecnico, tutto si è svolto in maniere non differente da altri concerti. I problemi sono stati quelli che ti ho detto prima: le zattere, le correnti, ecc…”

Credi che sarebbe possibile una reunion dei Pink Floyd?

“Ho proposto ai Pink Floyd 6 anni fa di organizzare una mostra retrospettiva sulla loro storia. I costi altissimi che si rivelavano di mese in mese non mi hanno permesso di concludere quel progetto che comunque è stato realizzato da un mio collega e che è partito a Londra: “Their Mortal remains”. L’evento di Londra utilizza non solo gli investimenti fatti che non mi sono stati rimborsati, ma anche tutto il lavoro svolto assieme ai curatori. Uno dei problemi che abbiamo dovuto risolvere era proprio quello della difficoltà dei rapporti fra Waters e Gilmour. Alla fine li abbiamo convinti e hanno, forse per la prima volta dopo molti anni, iniziato a collaborare. Roger Waters ha proposto il nome del titolo della mostra e Gilmour scriverà un pezzo nuovo. Ritengo quindi ancora improbabile una reunion, ma secondo me le possibilità sono aumentate….grazie proprio alla mia idea di fare una mostra e al lavoro svolto insieme ai loro curatori e amici più vicini (Storm Throrhreson, Aubrey Powell, ecc)

Il nostro giornale è da sempre molto vicino al mondo dei Floyd. Raccontaci quando li hai incontrati per la prima volta e che impressioni hai avuto?

“Li ho incontrati nel 1982 a Dusseldorf durante una tappa del loro tour The Wall. Il loro agente mi aveva chiesto di organizzare una data in Italia. Dovetti rinunciare in quanto la complessità tecnica e dei servizi richiesti erano improponibili per le nostre capacità all’epoca. Non solo per l’organizzatore ma anche per i servizi collaterali, tecnici, facchini, ecc. Non esistevano ancora società in grado di assisterci a quel livello. Per dirla tutta: ogni volta che il muro in scena crollava, un gruppo di tecnici assemblava dei cartoni/mattoni e lo ricostruiva. In Italia non ce l’avremmo fatta perchè  buona parte del personale preposto, al momento giusto non sarebbe stato al proprio posto. Chi magari andava a fumare, chi si guardava il concerto, chi stava con la fidanzata. Sarebbe stato un concerto senza muro !

Dopo quel glorioso e storico concerto abbiamo letto moltissime polemiche al riguardo. Come ti senti di riassumere, dal tuo punto di vista, la situazione di grande caos che si è creata in quei giorni?

Te lo ho detto poco fa ma desidero aggiungere una nota importante: il Questore dell’epoca ha dichiarato in un’intervista al Gazzettino che non aveva mai visto un’assemblea di giovani così numerosa e civile….nessun danno, nessuno sfregio alla città….tranne una scritta con un pennarello del tipo “Leo ama Rosa” su una colonna e la vetrina di un bar rotta. Il Questore aggiunge “Non voglio giustificare nessuno….ma se in quel bar vendevano l’acqua minerale a 10.000 lire a bottiglia…..” E del tutto evidente che in qualsiasi grande assembramento si lascino sacchetti di plastica, lattine, ecc. In uno stadio succede la stessa cosa e in 4 ore, con 10 addetti, si riesce a riconsegnare lo spazio perfettamente pulito.”

Hai qualche progetto per il futuro?

“Si, vorrei occuparmi di mostre d’arte in generale. Come saprai ho partecipato all’organizzazione della magnifica mostra di David Bowie svoltasi lo scorsoi anno a Bologna. Quindi continuerò in questo settore, meno stressante ma molto interessante. E magari, se ci sarà una reunion dei Pink Floyd, credo di essere in pole position per tornare a fare un ultimo grande concerto.”

— Onda Musicale

Tags: Fran Tomasi, Comfortably Numb, Pink Floyd, The Rolling Stones, David Gilmour, Roger Waters, Aubrey Powell, David Bowie, Lou Reed
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